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Vertice teso, poi il patto si rafforza

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Vertice teso, poi il patto si rafforza

  • –Emilia Patta

Lo sfogo di renzi sul pd

«Ogni volta la stessa storia, tentano di fermarmi sperando che il nostro governo possa vivacchiare, ma non hanno fatto bene i loro conti»

«Ogni volta la stessa storia, tentano di fermarmi sperando che il nostro governo possa vivacchiare, tirare per le lunghe, fare stretching. Ma non è per questo che siamo al governo, siamo qui per cambiarlo questo Paese, dalle riforme alle banche». Alla fine di una lunghissima giornata iniziata con il vertice a Palazzo Chigi con Silvio Berlusconi e proseguita con la resa dei conti tra i senatori del Pd e con il Cdm che ha varato la riforma delle banche popolari, Matteo Renzi trae le conclusioni politiche con i suoi partendo per il World Ecomic Forum di Davos. Sì a un Italicum blindato prima di iniziare a votare per il successore di Giorgio Napolitano al Colle: o la va o la spacca, nella convinzione che «è necessario andare avanti con buona pace dei frenatori». Anche perché la partita è così importante, nientemeno che il prosieguo della legislatura, che Renzi è convinto che alla fine anche la maggior parte della minoranza del Pd si allineerà. «Anche il Pd ha cambiato pelle - è la riflessione del premier -. Chi avrebbe mai detto solo qualche mese fa che alla fine è stato un emendamento di un “giovane turco”, Stefano Esposito, uno che ha votato Cuperlo alle primarie, a fare la differenza? A Davos vado a raccontare un Paese che vuole farcela, che mette in ordine e striglia le banche, che disegna il suo nuovo assetto istituzionale, che non ha paura di sfidare i tabù per crare posti di lavoro e attrarre investimenti. Abbiamo chiesto ai senatori di tagliare il Senato. E non ci fermeremo davanti a burocrati e banchieri».

Di certo Renzi non si ferma né si fermerà davanti ai niet della minoranza del suo partito. Preso atto che in circa 30 non voteranno l’Italicum riveduto e corretto con il premio alla lista e il mix di capilista bloccati e doppia preferenza di genere (ieri in 29 non hanno votato la relazione di Renzi all’assemblea dei senatori democratici), il premier ha siglato il patto di una nuova maggioranza di fatto con Silvio Berlusconi che gli permetterà di superare le forche caudine del Senato sulla legge elettorale e l’urna segreta dei grandi elettori per il Quirinale.

Renzi ha chiesto esplicitamente il soccorso azzurro sull’Italicum. Il che significa, stante il maxiemendamento Esposito che contiene tutte le modifiche volute da Renzi, anche il sì a quel premio di lista su cui l’ex Cavaliere avrebbe voluto tenersi le mani libere per sedare la rivolta interna. È stato il momento di maggiore tensione del colloquio, al quale hanno partecipato anche il sottosegretario Luca Lotti e il vice del Pd Lorenzo Guerini per il premier e Gianni Letta e Denis Verdini per Berlusconi. «Il partito mi salta», è stata la preoccupazione espressa dal leader di Fi, che ha chiesto qualche ora di tempo per riunire i suoi a Palazzo Grazioli prima di dare il via libera. Sul fastidio verso la turbolenza delle rispettive minoranze interne Renzi e Berlusconi si sono trovati in sintonia, ed entrambi amano il rischio e soprattutto non amano perdere le battaglie. Renzi si sarebbe lamentato della strumentalità della battaglia della sua minoranza sulla legge elettorale: «Mi vogliono mettere nell’angolo, ma con me hanno fatto male i conti». Alla fine, uno scambio che è tutto politico: con la richiesta del soccorso azzurro Renzi ha di fatto riconosciuto che non esiste una maggioranza sulle riforme senza Forza Italia, i voti azzurri saranno decisivi per l’approvazione dell’Italicum e per la fine del bicameralismo perfetto; in cambio il leader di Fi ha ottenuto assieme ad Angelino Alfano (in tutto più di 200 grandi elettori) che avrà reale voce in capitolo nella scelta del successore di Napolitano.

Ufficialmente non si è parlato del nome del prossimo presidente, rimandando la questione al nuovo incontro con le rispettive delegazioni fissato per martedì 27. Né si è parlato di salva-Berlusconi o più in generale della questione dell’agibilità politica che l’ex Cavaliere chiede. Ma certo la questione, vitale per Berlusconi e per il destino del centrodestra, è sullo sfondo. Prima il passaggio sull’Italicum, in ogni caso. Altrimenti salta tutto, accordo sul Colle compreso. Renzi deve anche guardare in casa sua, soprattutto dopo lo strappo compiuto sulla legge elettorale che ha lasciato «interdetti» molti esponenti della minoranza a partire dallo stesso Bersani. Anche il capogruppo Roberto Speranza, punto di riferimento di Area riformista e dei suoi 120 parlamentarti, ha fatto sapere che sulla questione dei capilista bloccati restano tutte le riserve. Nei prossimi giorni Renzi incontrerà Bersani per tenere il più possibile il suo partito. Ma oramai la strada del Nazareno è la strada principale, e da lì si deve passare per arrivare al Colle.

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