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Gli Usa addestrano i futuri terroristi?

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la lotta al califfato in siria

Gli Usa addestrano i futuri terroristi?

Aiutare il governo iracheno (ma non quello siriano) a combattere lo Stato Islamico, contenere il terrorismo jihadista ormai insediatosi in Occidente e al tempo stesso addestrare migliaia di miliziani, sunniti ma “moderati”, per combattere il Califfato in Siria.
La strategia messa in campo dall'Occidente, ammesso che ne esista una e sia condivisa tra i membri della Coalizione, non è certo priva di contraddizioni .

Dopo i fatti di Parigi in tutti i Paesi della Ue sono in atto indagini e blitz della polizia e molti governi puntano a contenere il fenomeno dei “foreign fighters” con controlli più restrittivi sul web e pene più dure per chi aderisce al jihad e recluta volontari. Iniziative incisive e rapidamente messe in atto a conferma che i servizi di sicurezza tenevano da tempo sotto controllo un fenomeno che probabilmente per molti anni è stato tollerato perché rivolto a combattere il regime siriano.

Una causa sostenuta dagli europei d'intesa con le monarchie del Golfo e gli Stati Uniti. Consiglieri militari europei sono stati visti in più occasioni negli ultimi anni a fianco degli statunitensi nei campi d'addestramento in Giordania e Turchia che hanno “formato” migliaia di combattenti sunniti dell'Esercito Siriano Libero (ESL) e di altre milizie appartenenti a gruppi “moderati”.

Abbiamo tollerato che dall'Europa partissero “volontari” per abbattere il regime di Assad (contro il quale Parigi premeva addirittura per un attacco aereo) salvo poi renderci conto troppo tardi dell'impatto devastante per la nostra sicurezza determinato dal ritorno di tanti miliziani ben poco “moderati” ma motivati e preparati militarmente circa i quali molte informazioni sono state fornite dai servizi segreti di Damasco con cui l'intelligence di molti Paesi europei ha ripreso da tempo relazioni a basso profilo ma proficue.
La gran parte dei miliziani addestrati e armati da arabi e occidentali sono infatti confluiti nelle milizie dello Stato Islamico o in quelle qaediste del Fronte al-Nusra. Intere brigate dell'ESL hanno defezionato per unirsi ai gruppi jihadisti portando con sé le armi sofisticate ricevute da Riad, Doha e dalla CIA, attiva da almeno un paio d'anni lungo i confini giordani e turchi.

Armi quali i missili antiaerei Stinger (americani ma prodotti in Turchia), quelli cinesi FN-6 forniti dal Qatar o i fucili e lanciagranate croati comprati nel 2012 dagli USA e pagati 50 milioni di dollari dai sauditi per armare i “ribelli moderati”, finite nelle mani di al-Nusra o del Califfato che proprio grazie a quelle dotazioni ha invaso il nord Iraq nell'estate scorsa.
Gli unici altri ribelli che godano di una certa credibilità militare sono salafiti e “Fratelli Musulmani” sostenuti rispettivamente da sauditi e qatarini. Miliziani che non possono certo venire etichettati come “moderati” o “filoccidentali”.

Nonostante questo scenario inquietante gli Stati Uniti hanno varato un programma per addestrare altri 5 mila miliziani dell'ESL che dovrebbero combattere lo Stato Islamico secondo quanto dichiarato dal Pentagono. Uomini che, come in precedenza, verranno selezionati per lo più da Arabia Saudita, Qatar e Turchia, cioè proprio quei Paesi che hanno alimentato i jihadisti e che ancor oggi sembrano più interessati a far cadere Bashar Assad che a sconfiggere il Califfato che infatti in Siria (a differenza che in Iraq) continua ad avanzare.

Il programma di addestramento, che Washington punta ad ampliare nei prossimi anni fino ad addestrare 15 mila combattenti, prenderà il via in primavera sotto il comando del generale Michael Nagata, alla testa delle forze speciali del Central Command statunitense. Nagata metterà in campo 400 consiglieri militari tra Ranger, Berretti Verdi e Navy Seal che addestreranno i miliziani nei campi istituiti in Turchia, Giordania e Arabia Saudita.
«Stiamo proseguendo a lavorare con Ankara per pianificare gli sforzi congiunti al fine di formare ed equipaggiare le forze moderate dell'opposizione siriana», ha sottolineato nei giorni scorsi il portavoce del Pentagono, l'ammiraglio John Kirby aggiungendo che anche Doha e Riad fanno parte del gruppo, in quanto dovrebbero fornire strutture ad hoc.
La consistenza dell'investimento (in media 100mila dollari per addestrare e armare ogni singolo miliziano) cozza però con gli obiettivi confusi della strategia statunitense che in Siria dovrebbe contrastare l'IS ma arma, addestra e finanzia gli oppositori di Assad il cui esercito è l'unico oggi in grado di contenere e contrastare le forze del Califfato.
Una confusione strategica che rischia di rafforzare i jihadisti, determinando inoltre una nuova ondata di “foreign fighters” che potrebbero mettere in pratica nelle metropoli europee le tattiche di guerriglia e sabotaggio apprese dalle teste di cuoio americane.

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