Roma - Si parte dal Pd, con la riunione dei gruppi parlamentari prima alla Camera e poi al Senato nella mattinata di domani, e si chiude con il Pd, quando sarà l’assemblea dei grandi elettori democratici a fare il nome del candidato al Colle a poche ore dall’inizio delle votazioni del Parlamento in seduta comune (giovedì 29 alle 15.00).
In mezzo le consultazioni con tutti i partiti (l’incontro più atteso, quello con la delegazione di Forza Italia guidata da Silvio Berlusconi, ci sarà alle 7 di sera), ma sempre con il Pd a tenere le fila: anche la scelta di incontrare le delegazioni dei partiti non alla Camera ma direttamente nella sede del partito a Largo del Nazareno ha un significato preciso. Il messaggio che Matteo Renzi ha voluto dare alla minoranza durante la segreteria allargata di due giorni fa, rientrando al bilaterale con Angela Merkel a Firenze, era proprio questo: nessun patto del Nazareno con Forza Italia, il prossimo presidente del Consiglio ce lo scegliamo in casa dopo aver consultato gli altri.
Tra gli altri da consultare non ci sarà tuttavia il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo: ieri è arrivato il niet definitivo del leader-comico (si veda l’articolo in pagina). La risposta secca del Pd arriva subito, per bocca della vicesegretaria Debora Serracchiani: «Niente consultazioni con i Cinque Stelle? Ce ne faremo una ragione. A Grillo, evidentemente, va bene votare insieme solo se votiamo i loro. Come per il giovane Di Maio, eletto vicepresidente della Camera con i voti del Pd». D’altra parte che il forno grillino è ben chiuso, né si è mai davvero aperto, è chiaro al premier da tempo. E nessuno a Palazzo Chigi e al Nazareno contava davvero sulla possibilità di eleggere il successore di Giorgio Napolitano con il contributo dei grillini. Semmai - si riflette - questa ribadita volontà di Grillo di restare fuori da tutti i giochi è una cattiva notizia soprattutto per chi a sinistra, e apertamente Pippo Civati che ieri era alla Kermesse milanese di Nichi Vendola, contava su un presunto asse con il M5S per lanciare un’autorevole candidatura in funzione anti-Renzi e anti-patto del Nazareno. Resta comunque l’amarezza di Renzi per gli attacchi personali subiti ieri, con Grillo che lo insulta in piazza così come con Marcello Maddalena, Pg presso la Corte d’appello di Torino, che sulla questione delle ferie dei magistrati lo paragona a Napoleon della «Fattoria degli animali» di Orwell.
Dunque la strada per arrivare al Colle passa dal Nazareno, inteso come partito democratico, e dal patto del Nazareno, inteso come asse con Forza Italia sulle riforme ora esteso anche alla scelta di un successore di Napolitano che sia sentito di garanzia anche dal centro-destra. Ieri Renzi ha trascorso tutta la giornata a Palazzo Chigi per trovare la quadra. Pallottoliere alla mano, tenuto dal sottosegretario Luca Lotti per il Pd e da Denis Verdini per gli azzurri, la rosa si sta restringendo pian piano a 4-5 opzioni. Mentre salgono le quotazioni dell’ex segretario del Pd (il primo segretario del neonato Pd nel 2007) Walter Veltroni. Finora da Arcore non è venuto il via libera, raccontano anzi che l’ex Cavaliere al momento «sta molto coperto». Eppure sul nome di Veltroni non ci sono mai stati veti. E l’ex segretario dem potrebbe aiutare anche a ricompattare un Pd lacerato dopo le vicende del Jobs act alla Camera (in 40 non hanno votato) e dell’Italicum (circa 30 i dissidenti, che hanno reso decisivi i voti di Fi). La strada di un candidato alternativo rispetto a quello che proporrà Renzi non è una strada percorribile per la minoranza bersaniana e cuperliana del Pd. «Non si tratta di fare battaglie minoritarie», dice il giovane bersaniano Alfredo D’Attorre, tra i più accesi critici di Renzi, commentando la proposta “N N” (un candidato Non Nazareno) di Civati e Vendola. E senza addentrarsi nei nomi dice che l’importante è che Renzi proponga un nome «autorevole» e «indipendente». Non un suo uomo insomma. E Veltroni è uno di quei nomi che i parlamentari dem, almeno la maggior parte di loro, non può non votare. Restano alte le quotazioni di Giuliano Amato e Anna Finocchiaro. Il primo ha dalla sua l’indiscusso standing internazionale, la seconda il fatto di essere autorevole e per di più donna. In corsa anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che molti renziani indicano come il candidato del “cuore” del premier, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco e la soluzione istituzionale di Pietro Grasso, attuale “supplente” al Quirinale. Siamo a meno quattro giorni.
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