TOKYO - Su Facebook è nata la pagina “Io sono Kenji”. L'ha lanciata Taku Nishimae, un produttore cinematografico amico del giornalista minacciato di decapitazione dall'Isis, postando la sua foto con un cartello scritto in rosso. La nuova “comunità” ha raccolto subito molte migliaia di aderenti e lo slogan è stato scelto anche dai dimostranti che domenica sera si sono recati davanti alla residenza del primo ministro a Tokyo per protestare contro presunte carenze governative nella gestione della crisi. Peraltro non sono mancate le critiche all'iniziative di Nishimae, visto che l'eco del “Je suis Charlie” (seguito alla strage di Parigi della redazioen del giornale satirico) rischia di mettere ancora di più in pericolo la vita del giornalista.
Certo sta per aprirsi una settimana probabilmente decisiva per la sorte di Kenji Goto, tenuto in ostaggio dai militanti dello stato islamico che hanno già decapitato l'altro ostaggio giapponese, Haruna Yukawa. Il messaggio diffuso sabato via Internet con l'immagine di Goto che tiene nella mani la foto dell'amico decapitato ha scosso profondamente l'opinione pubblica giapponese. Ma la sorte del giornalista non dipende più dal pagamento o meno di un riscatto in denaro da parte di Tokyo. Nel messaggio la sua voce in inglese ha reso noto che la nuova richiesta dei rapitori è ora quella della liberazione di una terrorista detenuta in Giordania.
Il focus passa ora sui negoziati tra Tokyo e Amman. Il premier Shinzo Abe ha telefonato al re di Giordania ma non è chiaro quali margini ci possano essere per una trattativa. Da tempo la Giordania sta cercando di liberare un suo giovane pilota catturato dai radicali islamici: forse potrebbe essere accettabile, dal suo punto di vista, uno scambio di prigionieri due contro uno.
Il presidente degli Stati Uniti Obama ha telefonato ad Abe dall'India, dove si trova per una visita di tre giorni, sottolineando l'appoggio americano e anche la comune volontà di non cedere ai terroristi. In Giappone, a parte la trepidazione per Goto, cominciano intanto a emergere polemiche politiche su come il governo sta gestendo l'emergenza, mentre c'è chi teme che in prospettiva il premier possa accelerare anziché pigiare il freno sulla sua strategia di trasformare il Giappone in un paese più attivo sul piano internazionale, anche togliendo le limitazioni costituzionali al ruolo all'estero delle forze armate.
Dopo aver espresso forte indignazione per la decapitazione del cittadino giapponese, in televisione Abe ha anche detto che il prossimo 15 agosto, nei 70 anni dalla fine della seconda guerra mondiale, chiarirà con “nuovi” elementi il punto di vista del governo sul controverso passato del Paese, emanando una nuova dichiarazione rispetto a quella del 1995 dell'allora premier Murayama che aveva dichiarato rimorso per l'imperialismo nipponico.
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