nuovi flussi
Alcuni gestori di fondi
speculativi si sarebbero
fatti avanti attivamente
per acquistare bond
governativi ellenici
New york
Hedge fund e finanza americana danno credito al “bazooka” finalmente sfoderato da Mario Draghi e della Banca centrale europea. E, da Manhattan al Tennessee, hanno cominciato a scommettere che neppure una pronosticata vittoria odierna di Alexis Tsipras e di Syriza nelle elezioni in Grecia farà deragliare i piani di Quantitative easing dell’Eurozona, né provocherà una Grexit, l’uscita di Atene dalla moneta unica.
La Bce ha inaugurato, accanto a un’inedita era di politica monetaria in Europa, una nuova stagione per i giochi dei grandi investitori di Wall Street. Giochi che vedono ora limitate le scommesse scettiche contro l’Europa, pur se restano spesso contenute e silenziose anche le puntate ottimistiche in attesa di controprove sull’efficacia dell’intero progetto. «Manteniamo posizioni modeste sulla periferia europea in vista d’una continua compressione degli spread - ha spiegato Scott Tiel, responsabile di Global Bond per il colosso dei fondi BlackRock -. La decisione della Bce dovrebbe inoltre essere positiva per le banche europee».
All’appuntamento con l’incognita greca è la parola “compromesso” piuttosto che scontro a venir sussurrata dai gestori quale esito più probabile di futuri negoziati - seppur difficili - con Atene. L’intesa sul «Qe» è stata giudicata dagli strategist di Wells Fargo Asset Management “un capolavoro” - e le sue dimensioni, in un’economia Ue che è il 76% di quella statunitense, in linea con la passata manovra Fed - capace di preludere ad altri accordi sulla crisi. «I segnali sono incoraggianti», ha fatto sapere con linguaggio meno colorito Jp Morgan pur avvertendo che resta da vedere quanta comunanza di vedute emergerà per un Qe oltre il settembre 2016.
Ed è stata questa l’impressione della “shuttle diplomacy”, la diplomazia itinerante dei finanzieri statunitensi che nelle ultime settimane hanno prenotato voli alla volta di Atene per incontrarsi con collaboratori o fonti vicine a Syriza e rendersi conto di persona della possibile evoluzione della situazione. Non solo: alcuni gestori di fondi speculativi si sarebbero fatti avanti attivamente per comprare debito di Atene.
La revisione delle scommesse dell’alta finanza, però, non riguarda solo il Vecchio continente. Il mercato obbligazionario riceverà una scossa anche oltreatlantico, anzi una scossa considerata significativa: «Una parte importante della liquidità creata dalla Bce finirà sui Treasuries statunitensi», dice Mark Grant, managing director del reddito fisso di Southwest Securities e consulente di fondi e banche. La sua previsione sul decennale Usa? Presto sotto i precedenti minimi dell’1,38 per cento. I rendimenti dei Treasuries sono già scivolati in sintonia con quelli dei bond translatlantici. E i grandi speculatori hanno ridimensionato le posizioni ribassiste sul decennale Usa ai minimi da novembre - a short netti pari a 145.598 - stando alla Commodity Futures Trading Commission. «Vedremo investitori riesaminare i loro obiettivi di portafoglio man mano che i rendimenti continuano a diminuire», ha spiegato Jim Vogel di Ftn Financial in Tennessee.
Il nuovo influsso cerca sicurezza e al medesimo tempo rendimenti: i tassi di mercato americani scenderanno ma resteranno comunque migliori rispetto all’Europa. «L’azione della Bce si tradurrà anche in una carenza generale di offerta di debito di alta qualità - ha sottolineato Thomas di Galoma di Ed&f Man capital ,arkets di New York -. In questo clima sarà difficile per i tassi americani salire. Il mercato americano non può scendere, arrivano troppi capitali perché abbiamo la divisa più redditizia che c’è». Al cospetto di altri titoli del debito simili «c’è ancora valore nel mercato delle obbligazioni governative americane», ha confermato Sean Simko di Sei Investment della Pennsylvania.
La dinamica, secondo alcuni operatori, potrebbe cambiare anche le carte in tavola per la Federal Reserve, che la prossima settimana è attesa a un vertice interlocutorio. Grant scommette che chi è convinto arrivi quest’anno una stretta monetaria dovrà ricredersi - «è come credere a chi vuol vendere il ponte di Brooklyn» - proprio per la pressione generata dal calo dei tassi europei e dal collegato rally del dollaro, in grado di danneggiare export e bilanci aziendali statunitensi. Morgan Stanley prevede che entro l’anno il cambio sarà pressoché alla parità, a 1,05 dollari per euro. E il mercato future vede probabilità solo del 52% di una stretta entro ottobre. Ma non manca chi - come Ubs - insiste che la manovra della Bce rafforzerà i propositi rialzisti di Janet Yellen e della Fed, perché i declini dei tassi di mercato minimizzeranno l’impatto di un aumento del costo del denaro su settori cruciali quali l’immobiliare. La partita, insomma, è aperta.
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