Italia

Ma con Syriza privatizzazioni a rischio

  • Abbonati
  • Accedi
(none)

Ma con Syriza privatizzazioni a rischio

  • –Vittorio Da Rold

il premier uscente

Samaras era in dirittura

per la vendita dei gioielli

di famiglia: la società pubblica del gas Depa

e la rete di gasdotti della Desfa

atene

Chi perde e chi vince dietro le quinte della aspra battaglia politica tra il premier uscente Antonis Samaras di Neo Dimokratia e lo sfidante Alexis Tsipras, 40 anni, di Syriza, il partito della sinistra radicale in Grecia? Non appena si è sparsa la notizia, un mese fa, del voto anticipato a causa del fallimento dell’elezione del nuovo capo dello Stato, la Borsa di Atene ha perso un 10% secco, poi ridimensionato al 6% penalizzando soprattutto le società pubbliche che erano in rampa di lancio per essere privatizzate. Per il mercato una vittoria elettorale di Syriza metterebbe in naftalina il progetto, per la verità mai veramente decollato, di cedere le grandi aziende in mano pubblica.

Il premier Samaras era ormai in dirittura d’arrivo, pronto finalmente a cogliere il vento a favore degli investitori, mettendo in vendita i gioielli di famiglia, la società pubblica del gas Depa e la rete di gasdotti della Desfa, oltre a tutta la rete elettrica (di cui è interessata anche la nostra Terna) il 33% della Deha, l’Enel greca, con le miniere di metalli rari del demanio, le ferrovie e, infine, i terreni del vecchio aeroporto Ellenikos di Atene, un’area proprio vicino al mare e alla città.

In lista di attesa c’erano investitori azeri e russi di Gazprom per i gasdotti, cinesi per le infrastrutture portuali e ferroviarie e arabi del Golfo soprattutto per il real estate. Dopo la cessione del porto commerciale del Pireo ai cinesi della Cosco, nell’unica occasione di vendita successiva quasi giunta al traguardo e riguardante la rete di gasdotti da vendere ai russi di Gazprom, Bruxelles e Washington si erano poi opposti perché l’acquisizione da parte di Mosca era stata considerata come la miccia di una nuova “guerra fredda” al confine orientale.

Quanto all’area dell’ex aeroporto Elleniko di Atene, il Qatar aveva già partecipato alla prima fase della gara internazionale tramite il Fund Qatari Diary, filiale della compagnia Qatar investment authority (Qia). Oltre alla Qatari Diary, alla gara avevano parte anche le tre compagnie che aveva già firmato l’accordo di idoneità, ovvero l’israeliana Elbit Cochin Island Ltd, la Lamda Development SA, del gruppo ellenico Latsis, e la britannica London and Regional Properties. Ora però i giochi si complicano di nuovo.

Ma gli investimenti in Grecia hanno visto anche molte disfatte clamorose. La banca francese Crédit Agricole, nel 2013 aveva venduto il “buco nero” della sua filiale greca Emporiki per un solo e simbolico euro ad Alpha bank un disastro finanziario costato 1,2 miliardi di euro di perdite al gigante transalpino, mentre l’altra francese SocGen aveva venduto Geniki, la sua filiale in terra ellenica a Bank of Pireo per un milione nel 2012 ma con un investimento di 444 milioni di euro, 281 milioni di ricapitalizzazione e 163 per la sottoscrizione di un bond della banca del Pireo. Insomma aveva pagato per disfarsi della filiale greca. Anche il gigante del settore retail Carrefour, ha deciso nei mesi scorsi di lasciare il paese vendendo la sua rete commerciale a un distributore locale.

Per non parlare della sede della Coca-Cola Hellenic, la seconda maggiore azienda di imbottigliamento del Vecchio Continente per unità imbottigliate, che era basata ad Atene ed era la regina del listino della Borsa locale ma che alla fine ha deciso di lasciare il paese per lidi più sicuri e trasferire la sede legale in Svizzera con conseguente tassazione fiscale in quel paese e la quotazione a Londra.

L’instabilità del paese aveva raggiunto livelli intollerabili per la dirigenza del gigante americano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA