BRUXELLES – Il destino vuole che all'indomani del voto in Grecia, segnato dal successo del partito della sinistra radicale Syriza, si terrà una riunione dell'Eurogruppo, convocata da tempo. Sarà l'occasione per i ministri delle Finanze di tirare le prime conseguenze dalla consultazione elettorale. Ancora oggi Syriza ha annunciato battaglia, chiedendo a gran voce una ristrutturazione del debito pubblico, pari al 180% del prodotto interno lordo.
Le autorità comunitarie questa sera hanno preferito il silenzio, aspettando i risultati definitivi previsti per domani. Nel frattempo, il capogruppo popolare al Parlamento europeo Manfred Weber ha avvertito che «le riforme in Grecia devono continuare» e che «l'Europa è pronta a mostrare solidarietà se gli impegni sono rispettati». Il capogruppo socialista Gianni Pittella ha invece scritto su Twitter: «Da Atene un chiaro messaggio all'Europa: basta austerità e Troika».
Cinque gli obiettivi che Syriza, in lizza per guidare il prossimo governo greco, ha presentato durante la campagna elettorale. Oltre alla ristrutturazione del debito e all'interruzione dei rimborsi sui prestiti, il partito di Alexis Tsipras vuole aumentare il salario minimo, portandolo a 751 euro al mese; promuovere gli investimenti statali e lanciare un programma di aiuti pubblici ai meno abbienti; abolire una tassa sulle proprietà immobiliari; reintrodurre norme per la protezione dei lavoratori.
Molte di queste misure, se non tutte, sono in netto contrasto con la politica economica imposta dai creditori internazionali, che hanno garantito alla Grecia prestiti per 240 miliardi di euro dal 2010 ad oggi. Secondo lo stesso partito di Tsipras, il costo della sua nuova politica economica ammonta a circa 11,4 miliardi di euro. Qui a Bruxelles molti diplomatici si aspettano trattative difficili, ma dall'esito positivo. Ciò detto, le prossime settimane saranno segnate da un braccio di ferro e da ricatti reciproci.
L'attuale programma di aiuti termina alla fine di febbraio, quando la Troika sarà chiamata a versare una ultima tranche di aiuti finanziari. Da un lato, Syriza minaccia di non rimborsare gli interessi sui prestiti e di ristrutturare il debito. Al tempo stesso, ha bisogno di denaro per applicare il suo programma economico, mentre il paese è già oggi a corto di liquidità. Le casse pubbliche avrebbero appena due miliardi di euro a disposizione, e articoli di stampa segnalano un calo del gettito fiscale.
Di converso, i creditori rifiutano di ristrutturare il debito e chiedono alla Grecia di rispettare gli impegni. C'è nel braccio di ferro un doppio bluff. Se Syriza si dice pronta ad interrompere il pagamento degli interessi pur di indurre la Troika ad accettare un cambio di strategia è perché sa che l'eventuale fallimento avrebbe terribili conseguenze, inaccettabili per i suoi partner. Se i creditori rifiutano la ristrutturazione del debito è anche perché pensano che Tsipras non voglia in cuor suo abbandonare la zona euro.
In buona sostanza, vi è margine perché le parti si intendano, anche se i rischi di incomprensione, tali da portare a una uscita accidentale della Grecia dalla zona euro non possono essere sottovalutati. Intanto, prima dell'atteso Eurogruppo, è previsto un incontro a quattro tra il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk e il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem.
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