Il capo dei separatisti filorussi, Zakharchenko, annuncia un’offensiva totale. Mogherini lancia appello a Mosca perché fermi la guerra. Un’altra strage in Ucraina seguita dall’annuncio di nuove conquiste territoriali effettuato dai miliziani filo russi.
Sono almeno 30 i civili morti e 90 i feriti di un bombardamento dell’artiglieria dei ribelli filo-russi su un mercato di Mariupol, bastione di Kiev nell’Ucraina orientale. Lo ha reso noto la polizia locale. Il capo dei separatisti di Dontesk, Alexander Zakharchenko, ha annunciato «un’offensiva totale» contro Mariupol.
Razzi “Grad” sono piovuti sul grande mercato di un quartiere residenziale di Mariupol, 500mila abitanti affacciata sul Mare di Azov. Mariupol è situata lungo l’arteria che collega le regioni orientali controllate dai ribelli alla penisola di Crimea, annessa dalla Russia nel marzo 2014.
Lo scorso agosto l’esercito ucraino aveva faticato a respingere l’offensiva dei ribelli su Mariupol e il bilancio delle vittime aveva indotto il presidente Petro Poroshenko ad acconsentire alla tregua firmata il 5 settembre. I ribelli controllano già l’aeroporto di Mariupol e stanno intensificando la loro offensiva per conquistare la città.
I miliziani separatisti sostengono di aver strappato alle forze armate di Kiev la cittadina di Krasni Partizan, vicino Donetsk, nel sud-est ucraino. La notizia - annunciata dall’agenzia dei ribelli Novorossia - è stata confermata dall’esperto militare pro-Kiev Dmitri Timchuk.
Il presidente ucraino Petro Poroshenko ha sollevato Ghennadi Kuznetsov dall’incarico di capo delle “Operazioni speciali” di lotta al terrorismo dei servizi di sicurezza di Kiev.
Lo fa sapere l’agenzia Interfax precisando che il decreto risale a ieri. Le autorità ucraine definiscono «terroristi» i miliziani separatisti filorussi del sud-est. Kuznetsov era stato nominato nel marzo scorso dall’allora presidente ad interim Oleksandr Turcinov.
Il leader ribelle, Aleksandr Zakharcenko, dichiara di non voler cercare un compromesso con Kiev per una tregua. Ma in realtà la porta della diplomazia resta solo socchiusa. Lo stesso Zakharcenko venerdì ha sottolineato di essere pronto a parlare con il presidente ucraino Petro Poroshenko. Ma «solo con lui».
L’Alto rappresentante per la politica estera europea, Federica Mogherini, ha rivolto un appello a Vladimir Putin perché «usi la sua considerevole influenza sui leader separatisti e fermi ogni forma di sostegno militare, politico e finanziario». L’ulteriore escalation del conflitto armato nell’est dell’Ucraina, condurrà inevitabilmente, secondo Mogherini, «a un ulteriore grave deterioramento delle relazioni tra la Ue e la Russia».
Poi ha aggiunto: questo «provocherebbe conseguenze disastrose per tutti, tutti coloro i quali sono responsabili dell’escalation devono fermare le loro azioni ostili e rispettare gli impegni».
Un accordo di pace appare comunque al momento drammaticamente lontano: saltato il vertice in “formato Normandia” tra Putin, Hollande, Poroshenko e Merkel previsto il 15 gennaio ad Astana, mercoledì i ministri degli Esteri dei quattro Paesi si sono incontrati a Berlino e hanno lanciato un appello per il ritiro delle armi pesanti dalla linea di fuoco. Ma le ultime stragi (quella di ieri a Mariupol e quella di giovedì a Donetsk) rendono chiaro che l’accordo è rimasto lettera morta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA