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    Quirinale, Renzi incontra i gruppi Pd: scheda bianca alle prime tre votazioni, poi nome secco. Sabato mattina il voto decisivo

    Il Pd voterà scheda bianca alle prime tre votazioni, come aveva già annunciato Alfano per i centristi. Soltanto per la quarta, sabato mattina, ci sarà un nome secco. E quella dovrebbe essere la volta buona. Lo ha detto subito Matteo Renzi ai deputati dem, riuniti stamane a Montecitorio a tre giorni dalla prima seduta comune del Parlamento chiamato a scegliere il successore di Giorgio Napolitano al Quirinale. E lo ha ripetuto poco dopo ai senatori. Domani cominceranno gli incontri con gli altri partiti nella sede di Largo del Nazareno e non si esclude un nuovo faccia a faccia con Silvio Berlusconi. Sicura è invece una riunione di tutti i grandi elettori del Pd prima di giovedì alle 15, che dovrebbe tenersi tra mercoledì sera e giovedì mattina.

    Renzi: nome secco alla quarta votazione
    Il presidente del Consiglio ha illustrato con chiarezza il metodo ai deputati (assente Pier Luigi Bersani) e ai senatori: il Pd non proporrà una terna, ma farà un solo nome per il Colle alla quarta votazione, e chi non lo condivide «dovrà dirlo apertamente». «Non faccio l’elogio del franco tiratore - ha precisato a Palazzo Madama - ma vi stupirò: difendo il diritto di dissenso, il diritto alla più ampia obiezione di coscienza». Il nome arriverà «prima di sabato», ha garantito il vicesegretario Pd Lorenzo Guerini. «Non scommetto sulla vostra fedeltà a me ma sulla vostra intelligenza, sulla vostra responsabilità personale e sulla vostra capacità di essere gruppo dirigente», ha detto Renzi. Rincarando la dose: l’elezione del nuovo inquilino del Colle «non è un referendum né sul Governo né su di me».

    Il presidente si elegge «con quelli che ci stanno»
    Niente nomi prima: «Non li facciamo perché poi decidano altri». Il nuovo presidente, ha detto Renzi, «deve essere una persona capace di resistere agli stress test». Per il premier il partito ha la possibilità di riscattare «la figuraccia del 2013», quando i 101 “franchi tiratori” impallinarono Romano Prodi (anche per l’elezione di Ciampi ce ne furono 180, ha ricordato Renzi, e per Cossiga furono 170). Ma il segretario Pd ha avvisato: il presidente della Repubblica «non si fa “contro”, nemmeno contro il Nazareno», e questo vale anche per il Pd che ha 460 grandi elettori ma non ha diritto di veti. Il presidente, ha detto Renzi, «si elegge con quelli che ci stanno». Sulla possibilità che il nuovo capo dello Stato sia una donna il segretario Pd è stato tiepido. Ha riconosciuto che l’assenza di donne al Colle è «un’anomalia» ma ha aggiunto: «Non so se c’è lo spazio perché si chiuda su una donna, lo verificheremo».

    Al M5S: questa è l’occasione buona
    Renzi ha anche rilanciato la sfida a Beppe Grillo: «Vediamo se M5S capirà che questa è l’occasione buona». Da Radio 24, ospite di 24Mattino, Carla Ruocco ha lasciato aperto uno spiraglio: «Il M5S dice sì all’apertura, alla partecipazione, al coinvolgimento». Ma, ha aggiunto la deputata pentastellata, «vogliamo che Renzi faccia dei nomi in maniera chiara e trasparente. Non pensiamo che chiuderci in una segreta stanza con lui senza il coinvolgimento dei cittadini sia la giusta ricetta». E comunque Ruocco resta pessimista: «Renzi vuole tenere il patto del Nazareno, vuole scegliere con Berlusconi»».

    Guerini (Pd): arrivare a scelta condivisa
    Le consultazioni all’interno del Pd sono cruciali per tentare di ricompattare il partito intorno a un candidato «autorevole». Guerini oggi lo ha ribadito: «Noi ascoltiamo tutto il Pd. Ci confrontiamo con tutti per giungere a una scelta condivisa». Lo stesso vicesegretario, però, ieri aveva avvertito: «Eleggere da soli il presidente della Repubblica è irrealizzabile». Non a caso stamattina il capogruppo dem alla Camera, il bersaniano Roberto Speranza, ha ripetuto che «il patto del Nazareno riguarda solo le riforme, e non c’è nessuno scambio con la scelta del presidente della Repubblica. È giusto - ha precisato - continuare a parlare con tutti, quindi anche con Forza Italia, ma nessuno ha poteri di veto né diritto all’ultima parola».

    Civati con una lettera ricandida Prodi
    Una risposta a quanti nel Pd, come Pippo Civati, hanno invocato un «nome nn, non Nazareno», strizzando l’occhio a Sel e al M5S. È proprio Civati, assente anche lui all’assemblea di oggi, con una lettera inviata alla segreteria del Partito democratico, a formalizzare la ricandidatura di Romano Prodi proponendo di ripartire dal 2013. «Bisogna recuperare un metodo chiaro e trasparente», sostiene il deputato dem. Prodi è «colui che per tutti noi non può che essere il primo riferimento politico», un «candidato di centrosinistra che ha però saputo sempre confrontarsi con tutte le forze politiche anche nella sua veste di presidente della Commissione europea». Un politico con «rilevanti competenze tecniche», un uomo delle istituzioni.

    Fassina: cercare anche il dialogo con Fi
    Se Guerini non si è sbilanciato («Civati ha fatto una proposta come possono essercene altre») altri hanno “raffreddato”, dal governatore dell’Emilia Stefano Bonaccini («Mi pare che Prodi stesso abbia detto che lui è fuori dai giochi») ad Alessia Morani, fino a Davide Zoggia, pure lui della minoranza. Guerini ha però rassicurato sulla lealtà e sulla compattezza del partito («Non ci saranno imboscate»). Dalla minoranza in effetti i segnali di distensione si moltiplicano, soprattutto alla Camera, ma le posizioni sono variegate. Stefano Fassina è arrivato a sposare in pieno la linea di Renzi: è importante, ha detto, che «il Pd riesca a superare la prova del Quirinale unito ed è sbagliata l’impostazione di cercare un candidato “contro”. Va cercata la massima condivisione e in questo caso dobbiamo cercare l’interlocuzione con Fi».

    Damiano: indicare un politico. Tocci: serve un tecnico
    «Il Pd è sulla strada giusta», ha detto Rosy Bindi. Più morbido rispetto ai toni durissimi degli ultimi tempi anche Francesco Boccia, che ad Agorà ha affermato: «Di certo al Quirinale non può andare un uomo condizionato e condizionabile. Ci deve andare un uomo o una donna libero, forte e autorevole, che dia ordini e non ne prenda. Che sia più di sinistra di un altro è molto relativo, nel senso che il presidente della Repubblica non si occupa di modelli redistributivi, ma deve far rispettare la Costituzione». Per Cesare Damiano, invece, «dobbiamo indicare un politico, deve avere una visione, deve essere del Pd». Al Senato Walter Tocci ha indicato la necessità di scegliere «un tecnico autorevole».

    Cicchitto (Ncd): il Pd non può chiederci un voto a scatola chiusa
    Il discorso di Renzi sta già causando qualche malumore negli alleati di governo. Da Area popolare-Ncd il monito di Fabrizio Cicchitto: «Né Renzi né il Pd possono pretendere di comunicare alla vasta area di centrodestra e di centro il nome da essi prescelto chiedendo gentilmente di votarlo a scatola chiusa. Da una parte e dall’altra, al dunque, deve esserci una discussione reale su rose di nomi e non su proposte secche».

    Il Mattinale (Fi): Renzi non darà le carte da solo
    Intanto da Forza Italia si leva la voce del Mattinale, la nota politica dello staff azzurro alla Camera: «Noi chiediamo che il Quirinale abbia un garante che esprima una chiara opzione di stampo liberale e riformista, piuttosto che conservatore e statalista». I deputati rivendicano la centralità di Forza Italia e avvisano: «Non accetteremo che si ripeta il gioco fin qui troppo spesso esercitato da Renzi, il quale quando ci sono in ballo scelte forti, rivendica “il diritto di dare le carte”. Di solito sono due: una pessima, l’altra un po’ meno pessima. E poi dice: prendere o lasciare. Così non va».

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