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Dossier Gli equilibri nel Pd e la scelta del premier

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    Gli equilibri nel Pd e la scelta del premier

    Ci sono due spine nel fianco di Renzi: la minoranza del Pd e la magistratura. E c'è una novità nel pallottoliere di Palazzo Chigi, la scissione di ieri dei 5 Stelle. Tre fattori che incidono nella scelta del capo dello Stato. Il toto-nomi per il Quirinale gira a vuoto su figure che un giorno sono più politiche, un altro più di garanzia.

    Gira a vuoto anche sugli outsiders e sulle composizioni diverse che ogni giorno assume la minoranza del Pd o di Forza Italia. Quello che resta stabile è il calcolo delle convenienze di Matteo Renzi. Un calcolo che si deduce anche da quelle che sono le sue vere spine nel fianco: da un lato la sinistra del partito e dall'altro il nuovo scontro che si è aperto con la magistratura. Di certo, un elemento decisivo sarà quello del rapporto tra Renzi e la sua minoranza che a giorni alterni inasprisce lo scontro o lo diluisce. Sembra che Renzi – in uno dei suoi colloqui di ieri con le forze politiche – abbia detto che dopo l'avvio di un nuovo pacchetto di riforme, tra cui un provvedimento sulla concorrenza, voglia occuparsi del partito e ricominciare a girare l'Italia. Questo cosa vuole dire? Sicuramente dare un assetto diverso al Pd anche se non si capisce verso quale direzione. In ogni caso, queste considerazioni entreranno nelle riflessioni sulla scelta del candidato per il Colle. E quindi è certo che la ricerca del profilo per il capo dello Stato non includerà un politico che possa ridisegnare il Pd dal Quirinale con una prospettiva diversa o addirittura contraria a quella di Renzi.

    Insomma, è difficile immaginare una candidatura politica che non abbia una sintonia con Renzi su quel che dovrà essere il Pd nei prossimi mesi. Se spingerlo verso un'area più moderata o invece approfittare dell'effetto-Tsipras per “coprire” anche l'ala sinistra rimasta scoperta. E, pensare, per esempio, di allearsi o assorbire gli “scissionisti” del Movimento 5 Stelle e sostituirli con quella che oggi è la minoranza del suo partito. È interessante quello che è accaduto ieri con i dieci grillini che proprio alla vigilia delle votazioni per il capo dello Stato hanno deciso di abbandonare il Movimento per aprirsi alle trattative con il Pd. Forse da questo test sul Quirinale potrebbe nascere un percorso politico o addirittura una nuova area dentro il partito, si vedrà.

    L'altro fronte scoperto, perfino più insidioso per Palazzo Chigi, è lo scontro con la magistratura. I toni davvero duri e inediti che si sono letti e ascoltati qualche giorno fa riportano ai tempi di Berlusconi e profilano un muro contro muro che è rimasto poco sui giornali solo perché scalzato dalle cronache sul toto-Quirinale. Ma la questione dei rapporti con la magistratura resta sul tavolo, e lo scontro è pronto a ripartire nel momento in cui sarà definita la casella del Colle. Dunque, anche nella scelta del nuovo capo dello Stato, il premier – e larga parte della classe politica soprattutto in Forza Italia – terrà conto di questo aspetto. Questo potrebbe portare a orientarsi su un profilo in grado di spegnere – o invece contrastare – un nuovo duello tra potere esecutivo e giudiziario che già ha attraversato altre fasi della politica. E che ha attraversato in modo molto diretto ed esplicito anche la presidenza della Repubblica se si pensa alla trattativa Stato-mafia e al conflitto tra Giorgio Napolitano e Procura di Palermo prima sulle intercettazioni poi sulla testimonianza che l'ex capo dello Stato ha dovuto sostenere al Quirinale. È plausibile che quindi a Palazzo Chigi e in larghe frange del Parlamento si consideri questo elemento nella scelta e nelle votazioni per il capo dello Stato.

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