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I leader Ue verso nuove sanzioni

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I leader Ue verso nuove sanzioni

EFFETTO GRECIA

Il nuovo governo di Atene

si dice però contrario

a ulteriori provvedimenti contro la Russia: che Kiev proclama «Stato aggressore»

Sarà una riunione difficile quella che i ministri degli Esteri dei Ventotto terranno domani a Bruxelles per decidere se adottare nuove misure contro la Russia per il suo atteggiamento in Ucraina, dove la guerra tra i separatisti di Donetsk e Luhansk e le forze governative è riesplosa senza più finzioni di tregua. E questo ha spinto i leader europei - accanto agli Stati Uniti - a considerare l’adozione di nuove sanzioni contro Mosca, con una dichiarazione in cui chiedono alle diplomazie nazionali di preparare proposte su cui deciderà il vertice Ue del 12 febbraio prossimo. Una dichiarazione, però, da cui il nuovo governo greco ha subito preso le distanze.

«La Grecia non dà il suo consenso» al comunicato del Consiglio europeo, ha spiegato ieri a sorpresa il nuovo governo presieduto dal premer Alexis Tsipras, perché sarebbe stata violata «l’appropriata procedura». Diplomatici a Bruxelles assicuravano tuttavia che l’iter è stato seguito secondo le regole, con una procedura di silenzio-assenso. Il problema, evidentemente, è che la decisione è stata presa lunedì, mentre la Grecia era in piena transizione istituzionale dopo il voto di domenica.

Da Bruxelles il portavoce del Consiglio europeo, Preben Aamann, ha precisato: «Come sempre quando prepariamo tali dichiarazioni, ci siamo consultati con tutti gli Stati membri, inclusi i rappresentanti del nuovo governo greco». Nella dichiarazione di ieri mattina i Ventotto chiedono ai ministri «di valutare la situazione e considerare ogni azione appropriata, in particolare riguardo a ulteriori misure restrittive». Tra le possibili nuove sanzioni ipotizzate anche dagli stessi media russi c’è la possibilità di escludere Mosca dal circuito internazionale Swift di pagamenti interbancari (cosa che metterebbe in difficoltà le imprese esposte all’estero) e l’allungamento della lista di persone o società che si vedranno imporre limiti di spostamento o di condurre attività economiche nella Ue. Oltre a questo, Mosca considera una forma di sanzione anche la decisione dell’agenzia Standard & Poor’s di portare il rating sul debito sovrano russo al di sotto del livello “investment grade”.

Il nuovo ministro greco degli Esteri, Nikos Kotzias, si è espresso più volte in passato contro le sanzioni alla Russia, definendo l’Unione «un impero idiosincratico sotto il dominio della Germania». Quale sia la reale posizione di Atene si capirà nella riunione straordinaria delle diplomazie convocata per domani: qualsiasi scelta su eventuali nuove misure contro la Russia deve essere presa all’unanimità. Nel frattempo i ministri delle Finanze dell’Unione hanno dato il proprio benestare a nuovi prestiti all’Ucraina per 1,8 miliardi di euro, proposti a inizio mese dalla Commissione europea: una linea di credito condizionata all’adozione di riforme economiche da parte di un Paese in piena guerra civile e in grave crisi finanziaria.

Ma non è soltanto economico l’aiuto che l’Ucraina chiede. Ora che nelle regioni dell’Est si è tornati a combattere apertamente, a Kiev il Parlamento ha approvato una dichiarazione che descrive la Russia come «Stato aggressore», definisce le due autoproclamate Repubbliche popolari di Donetsk e Luhansk «organizzazioni terroristiche» e fa appello alla comunità internazionale per ricevere più aiuti militari non letali.

Dopo l’attacco di sabato su Mariupol, il porto sul mar d’Azov ancora in mani governative, l’offensiva dei ribelli è tornata a concentrarsi su Donetsk e su Debaltseve, un nodo chiave sulla strada per Luhansk, con l’obiettivo di espandere la zona sotto il loro controllo attorno all’aeroporto, riconquistato nei giorni scorsi. Spiegano i separatisti che l’intenzione è costringere le forze governative a ritirarsi portando l’artiglieria fuori dal raggio d’azione dei centri abitati alla periferia di Donetsk. Anche se, dall’altra parte, si ribatte che spesso i ribelli attaccano da zone residenziali per provocare i governativi a rispondere rischiando vittime civili - come è avvenuto in questi giorni.

Il controllo dell’intera regione di Donetsk fino a Mariupol - quella che i separatisti chiamano Novorossija - darebbe loro una posizione di forza da sfruttare in un’eventuale ripresa delle trattative con Kiev. In questa guerra che ormai ha superato i 5.000 morti, il portavoce militare ucraino Andriy Lysenko ha parlato di altri nove soldati uccisi e 30 feriti nell’ultima giornata di scontri. «Perché dovremmo avanzare? - ha dichiarato all’agenzia Reuters Eduard Basurin, vice comandante dei ribelli a Donetsk - Questa è la nostra terra. Sono loro che devono ritirarsi».

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