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    Il dilemma di Berlusconi: con un Renzi più debole a rischio il suo ruolo. Il treno di Prodi

    Il primum vivere di Renzi è stata la compattezza del Pd. La scelta di Sergio Mattarella per il Colle risponde innanzitutto a questo obiettivo: non dividere il partito. Il punto ancora aperto è il veto di Silvio Berlusconi che rimane.
    Oggi il premier e l’ex Cavaliere torneranno a vedersi ma finora la priorità di Renzi è stata quella di “salvare” il Pd, di evitare una frantumazione del partito e ripercorrere lo stesso sentiero che fu di Pier Luigi Bersani. Sul nome di Sergio Mattarella si riconosce anche la minoranza del partito, dunque, garantisce al premier un pacchetto di voti sicuri (circa 575) e soprattutto una navigazione meno avventurosa se fatta con un candidato divisivo tra i democratici. Resta il «no» di Silvio Berlusconi e, quindi, la possibilità che salti quel patto del Nazareno che in più di una circostanza ha garantito a Renzi i voti per fare le riforme: l’ultima volta la scorsa settimana sull’Italicum.

    È vero che ieri c’è stato il veto dell’ex Cavaliere ma il ragionamento che il premier gli ha fatto a Palazzo Chigi potrebbe avere una logica anche per lui: se il Pd va in frantumi sul Quirinale anche la leadership di Renzi tramonta e Berlusconi si ritroverebbe con un interlocutore diverso. Un interlocutore del Pd che forse non darebbe all’ex Cavaliere la centralità che ha recuperato in questi mesi con il patto del Nazareno. Un nuovo leader - dopo Renzi - potrebbe facilmente tornare a emarginarlo, a metterlo nell’angolo della scena politica con l’opposizione interna di Forza Italia che, a quel punto, avrebbe gioco facile a farlo fuori. Uno scenario con conseguenze politiche e non solo. Conseguenze economiche per le sue aziende e magari anche giudiziarie.

    Allora la domanda che si porrà l’ex Cavaliere in queste ore suona così: è più conveniente avere un alleato a Palazzo Chigi o al Quirinale? Al Colle Berlusconi non potrà mai avere un “suo” candidato, allora meglio proteggere Renzi. È questo il calcolo di convenienze per Berlusconi. E, in fondo, si è già dato una risposta se solo si scorre quello che è accaduto nei mesi scorsi e – l’ultima volta – la scorsa settimana al Senato: Berlusconi ha “prestato” a Renzi i voti della salvezza dell’Italicum. Senza i numeri di Forza Italia la nuova legge elettorale sarebbe finita sotto il tiro della minoranza interna del Pd e quindi sarebbe cominciata la “discesa” di Renzi. Dunque se davvero Berlusconi voleva indebolire Renzi - anche in vista della partita sul Colle - l’avrebbe fatto una settimana fa. Il calcolo, evidentemente, è stato diverso. Ed è stato quello per cui - oggi - è l’attuale segretario del Pd gli offre una scena politica, un margine d’azione, un potere negoziale all’interno di Forza Italia e con Alfano e i centristi. L’ex Cavaliere sa che sul Quirinale non può fare banco.

    In questo scenario potrebbe però arrivare un imprevisto o una sorpresa. La possibilità, cioè, che oggi alla prima votazione si cominci a votare il nome di Romano Prodi spinto da Grillo e dalla sinistra. Un treno che potrebbe partire e che potrebbe essere difficile da fermare per il Pd e per il premier. Intanto Renzi ha deciso di accelerare sulle votazioni: non più tre entro venerdì ma quattro. Sperando che sui giornali esca solo un giorno di impasse e non due. E che alla quarta si riesca a votare il nuovo presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Sempre che non spuntino nuove candidature “spontanee”.

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