L’Italia è uno dei pochi casi, tra i 28 Paesi Ue, in cui il capo dello Stato non è eletto dai cittadini. La cosa non è molto nota ma è così. In sette Paesi la carica è ereditaria: Gran Bretagna, Paesi Bassi, Svezia, Danimarca, Belgio, Spagna sono monarchie.
Il Lussemburgo è un granducato. In 14 paesi sono i cittadini a eleggere direttamente il Capo dello stato. Solo in sette paesi, tra cui l’Italia, l’elezione è indiretta: Germania, Grecia, Ungheria, Lituania e Malta. In sintesi, nella stragrande maggioranza dei paesi dell’Unione (21 su 28) il capo dello stato o non è scelto o è eletto direttamente dai cittadini. La repubblica ceca è l’ultimo paese passato dalla elezione indiretta a quella diretta (nel 2012).
I 14 paesi caratterizzati dalla elezione diretta non sono omogenei tra loro per quanto concerne i poteri del capo dello Stato. Ci sono casi di paesi in cui il presidente è una figura poco più che simbolica. E ce ne sono altri in cui i suoi poteri sono molto significativi. È il ben noto caso francese. Ma anche quello meno noto del Portogallo. Ma il punto che ci interessa cogliere non è questo. Molti in Italia pensano che l’elezione indiretta del capo dello stato sia sempre e comunque preferibile all’elezione popolare. Guardare fuori dai nostri confini serve a mettere in discussione convinzioni tanto radicate quanto prive di fondamenti empirici.
Soffermiamoci sui paesi dove vige l’elezione indiretta. Italia, Germania e Grecia sono i casi più interessanti. In Germania il presidente è eletto a scrutinio segreto da una assemblea federale composta dai membri del Bundestag e dai rappresentanti eletti dai parlamenti dei Länder in numero pari a quello dei membri del Bundestag. In totale si tratta di circa un migliaio di grandi elettori. Nelle prime due votazioni la regola è la maggioranza assoluta. Nella terza votazione, che è l’ultima, vince il candidato che raccoglie il maggior numero di voti.
Il sistema greco è il più complicato. Sono i 300 membri del parlamento a eleggere il presidente. Nelle prime due votazioni occorre la maggioranza dei due terzi (200 voti). Alla terza votazione la maggioranza richiesta si abbassa a tre quinti (180 voti). Se nessun candidato viene eletto il Parlamento si scioglie e si torna a votare. Ed è esattamente quello che è successo recentemente. Dopo le nuove elezioni il nuovo Parlamento potrà eleggere il presidente con una maggioranza di tre quinti al primo scrutinio oppure con la maggioranza assoluta (151 voti) al secondo scrutinio. Se nessun candidato arriva a questa soglia i due candidati più votati vanno al ballottaggio.
Il caso italiano è più simile a quello tedesco. Come è noto, l’assemblea dei grandi elettori è composta da deputati, senatori e delegati regionali. In totale questa volta i membri sono 1.009. Si vota a scrutinio segreto. Nelle prime tre votazioni occorre la maggioranza dei due terzi (672 voti). Dalla quarta votazione basta la maggioranza assoluta (505 voti). La differenza sostanziale tra la nostra procedura e quella in vigore in Germania e in Grecia è che in questi paesi esiste una norma di chiusura. In Germania con il terzo scrutinio l’elezione si conclude. In Grecia il processo è molto più lungo ma anche lì alla fine c’è un ballottaggio che pone fine alle votazioni. Da noi in teoria si può continuare a votare all’infinito.
Nonostante il fatto che i numeri in Europa siano a favore della elezione popolare l’elezione indiretta del presidente ha un senso. Tanto più che con l’Italicum si introduce una specie di elezione diretta del premier. C’è da dire però che l’elezione indiretta pone una grossa responsabilità sulle spalle della classe politica. In passato abbiamo visto casi clamorosi di malfunzionamento del sistema. Per esempio nel 1992 (ma non solo), quando ci vollero ben 16 scrutini prima di eleggere Oscar Luigi Scalfaro. Vedremo come andrà a finire questa volta. Da questo pomeriggio si vota.
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