Syriza cavallo di Troia di Vladimir Putin a Bruxelles. Mentre l’Europa scopre preoccupata gli stretti legami tra i nuovi governanti di Atene e il Cremlino, per Kiev l’esito delle elezioni greche del 25 gennaio è un colpo anche peggiore degli eventi che hanno funestato l’ultima terribile settimana, dalla perdita dell’aeroporto di Donetsk agli attacchi su Mariupol, costati la vita a 30 persone. «Questa volta - spiega Chris Dunnett dell’Ukraine Crisis Media Center - la minaccia viene da Sud-Ovest»: la vittoria di Syriza in Grecia può rivelarsi «l’avvenimento recente più sfavorevole per l’integrità territoriale e la stabilità dell’Ucraina».
C’è poco da stupirsi: agli occhi di Kiev, le relazioni più inquietanti sono quelle tra il nuovo ministro greco degli Esteri Nikos Kotzias e personaggi come Aleksandr Dugin, l’ideologo ultranazionalista considerato l’eminenza grigia di Putin, così come la sintonia tra il Cremlino e l’alleato di estrema destra scelto da Alexis Tsipras, i Greci indipendenti di Panos Kammenos. Ma lo stesso Tsipras, volato nel maggio 2014 a Mosca come candidato dell’estrema sinistra europea per la Commissione Ue, si disse allora favorevole all’annessione della Crimea, e riutilizzando le parole con cui in Russia descrivono il nuovo governo ucraino definì «una regressione per noi vedere fascisti e neonazisti fare ingresso nei governi europei ed essere accettati nella Ue».
L’avvento al potere di uno schieramento in grado di complicare la già difficile ricerca di un fronte europeo unito nei confronti della Russia non sarebbe potuto capitare in un momento migliore per Putin: eppure il legame tra russi e greci va molto indietro nel tempo e va al di là di Tsipras e dei suoi alleati, saldato dalle comuni radici spirituali ortodosse come lo stesso Putin amava ricordare visitando il Monte Athos, dieci anni fa. «In mille anni,la Russia non ha mai voltato le spalle alla Grecia», diceva un imprenditore e politico russo (vicinissimo a Putin) di origine greca, Ivan Savvidi, suggerendo all’inizio della crisi greca che Atene avrebbe fatto meglio a chiedere aiuto a Mosca, invece che alla trojka di europei e Fondo monetario.
Oggi il rapporto sembrerebbe invertito: è la nuova Grecia di Syriza a poter fare qualcosa da Bruxelles per una Russia isolata politicamente e con una pesante crisi economica che incombe. Ma a Mosca l’ideologo Dugin e la sua cerchia hanno lavorato a lungo per forgiare il rapporto con Syriza e altri movimenti in Europa, quali il Fronte nazionale di Marine Le Pen o l’estrema destra austriaca: non si lasceranno sfuggire un alleato tanto prezioso. Così, malgrado ora per la Russia sia fondamentale centellinare le risorse, ieri il ministro delle Finanze Anton Siluanov ha detto alla tv americana Cnbc che Mosca naturalmente prenderà in considerazione un’eventuale richiesta di aiuto finanziario per alleviare il carico del debito greco.
La partita è aperta. C’è chi sostiene che in realtà Tsipras e i suoi ministri stiano giocando la carta russa per far leva con i creditori europei, e ottenere maggiori concessioni sul rimborso del debito greco. Ieri sera i ministri degli Esteri Ue hanno rinunciato a imporre nuove sanzioni alla Russia con una Grecia insoddisfatta anche dal compromesso raggiunto, che si limita a estendere a settembre le sanzioni esistenti. Ma i rischi per l’unità di intenti europea non si limitano alla crisi ucraina: tra i punti fermi di Syriza c’è anche un occhio critico nei confronti della Nato. E questo, agli occhi di Putin, è un cavallo di Troia ancor più prezioso.
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