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Dossier Alta tensione nell’Ncd ma dal governo non si esce

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    Alta tensione nell’Ncd ma dal governo non si esce

    • –di B.F

    L’attacco di Matteo Renzi ai «partitini », condito dall’invito a «leccarsi le ferite» senza fare troppe polemiche, è una frustata sulle spalle Ncd, già duramente provate dalla spaccatura sul voto per l’elezione di Sergio Mattarella. E non basta la reazione stizzita di Maurizio Lupi («Non siamo il tappetino del premier») per riportare serenità nel partito di Angelino Alfano.

    Anzi, nel mirino c’è proprio la leadership del ministro dell’Interno, accusato più o meno apertamente di non aver gestito in modo coerente la partita. Al punto che qualcuno vorrebbe che abbandonasse il Viminale per occuparsi solo del partito. Ipotesi al momento esclusa però da tutto il vertice di Ncd.

    Intanto, per tutta la giornata ieri si sono moltiplicate le voci su possibili nuovi addii a Ncd dopo le dimissioni da capogruppo di Maurizio Sacconi (che ha però confermato di rimanere nel partito) e della portavoce alla Camera Barbara Saltamartini. A metà pomeriggio un’agenzia dava per imminenti le dimissioni dal gruppo per il successivo ritorno a Fi di una pattuglia di sei senatori, tra cui la vicepresidente vicaria Laura Bianconi e il calabrese Antonio Gentile. Voci seccamente smentite dagli interessati. Anzi Gentile ci ha tenuto a far sapere di essere stato fin dall’inizio «tra gli artefici dell’elezione di Mattarella».

    Ma al di là di veri o falsi abbandoni, il clima dentro Ncd resta pessimo. Oggi Alfano potrebbe incontrare Renzi per un faccia a faccia chirificatore. «Il Nuovo centrodestra è a un bivio: deve decidere se restare al governo - ma con un’alleanza strutturata in cui Renzi non possa scegliere, di volta in volta, con chi allearsi, a seconda della convenienza - oppure se perseguire da subito una ricomposizione di un centrodestra, oggi balcanizzato, che superi la leadership di Berlusconi», spiega il coordinatore nazionale di Ncd Gaetano Quagliariello in un’intervista a «Il Mattino».

    Il problema principale è individuare la cosiddetta prospettiva politica. E bisogna farlo in tempi brevi perché la campagna per le elezioni regionali ormai è alle porte e le alleanze non sono state ancora definite. È questa incertezza che sta minando pericolosamente la tenuta di Ncd. Al punto che qualcuno teme che Renzi colga l’occasione della debolezza dell’alleato per per assestargli un colpo decisivo, utilizzando l’arma del rimpasto della squadra di governo. «Non sono pochi coloro che al Senato potrebbero essere invogliati da un posto di sottosgretario...», commentava ieri un senatore di lungo corso di Ncd.

    La partita sul Quirinale è stato quindi l’occasione per far emergere dissapori preesistenti. A partire dalla presidenza del gruppo al Senato. Delle dimissioni di Maurizio Sacconi si parlava infatti già prima, da quando è stata decisa la nascita di Area popolare (Ncd+Udc). Sacconi si è dimesso polemicamente per marcare il suo dissenso sulla linea seguita in occasione dell’elezione del Capo dello Stato, ma in ogni caso quella casella (di presidente del gruppo) era già traballante e appetita da altri esponenti (in primis Renato Schifani). Anche l’abbandono di Barbara Saltamartini non ha sorpreso. L’ex portavoce di Ncd da tempo manifestava il suo dissenso con la linea filogovernativa della maggioranza del partito. Le dimissioni annunciate ieri, dopo il faccia a faccia mattutino al Viminale con Alfano, sono state solo una mera presa d’atto anche perché voci di Transatlantico sostengono che da tempo la deputata avesse aperto un canale con la Lega di Matteo Salvini per approdare nel gruppo del Carroccio alla Camera.

    Oggi potrebbe esserci un incontro chiarificatore con i coordinatori regionali per capire come muoversi in vista delle elezioni in primavera. La Lega, con cui Ncd governa in Lombardia ma soprattutto in Veneto dove si voterà a maggio, continua a ripetere di non voler avere nulla a che fare con chi sostiene il governo Renzi. Ma tutti escludono alleanze a macchia di Leopardo.