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Dossier Il nazionalismo sorge a Nord

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Dossier | N. 4 articoliEuropa, da Nord a Sud avanzano i populismi

Il nazionalismo sorge a Nord

Olanda, Finlandia e Danimarca: anche il calendario elettorale dell'Europa del Nord, nel 2015, ha in agenda almeno tre appuntamenti di rilievo, sui quali pesa l'incognita dell'avanzata populista. Un populismo - si passi il termine un po' sommario per la complessità del fenomeno - che assume a queste latitudini i connotati di una galassia di movimenti di centrodestra, con alcune note comuni di fondo e differenti articolazioni nazionali.

In comune i partiti nordici hanno un atteggiamento freddo quando non apertamente ostile all'Europa e all'euro: una tendenza a cui ha contribuito in maniera decisiva la grave crisi economica che - oltre a intaccare la prosperità di Paesi tradizionalmente benestanti e con finanze solide (Olanda e Finlandia hanno perso la tripla A) - ha imposto nei confronti di Grecia e altri Stati “periferici” una solidarietà vissuta con sempre maggiore insofferenza. Molto forte e diffuso è poi l'atteggiamento di diffidenza e progressiva chiusura nei confronti dell'immigrazione e dell'Islam, in nome di un ritorno ai valori e all'identità nazionali. Le diverse articolazioni sono i toni della propaganada politica, ora più accesi - è il caso di Geert Wilders in Olanda e dei Democratici Svedesi -, ora più “moderati” negli altri Paesi scandinavi.

Olanda: torna a crescere il Pvv di Wilders
Il 18 marzo in Olanda si voterà per rinnovare i 12 consigli provinciali. Si tratta di un voto con una valenza che va oltre quella locale: le assemblee legislative delle province eleggeranno infatti, a maggio, il Senato e, sebbene la Camera alta del Parlamento olandese abbia solo il potere di confermare o respingere le leggi approvate, è uno dei punti deboli dell'attuale governo di Mark Rutte, che a dicembre ha rischiato la crisi proprio su un provvedimento bocciato dal Senato. Nuovi equilibri potrebbero dunque complicare la vita all'Esecutivo o far addirittura vacillare la coalizione.

In testa ai sondaggi c'è di nuovo il Pvv, il Partito della libertà di Geert Wilders, da ormai un decennio controverso uomo simbolo della crociata anti-Islam e obiettivo dichiarato del terrorismo di matrice islamica. Wilders, insieme alla leader del Front National Marine Le Pen, è stato l'anima dell'alleanza tra partiti euroscettici in vista delle Europee del maggio 2014, ha puntato il dito contro i presunti danni provocati all'economia olandese dall'appartanenza all'euro, ma ha poi ottenuto un risultato deludente rispetto alle attese (13,3%). Nei mesi successivi il Pvv ha ripreso quota, puntando sui suoi più tradizionali cavalli di battaglia: lotta alla criminalità, difesa di norme e valori nazionali e, soprattutto, battaglia all'estremismo islamico che, nel messaggio di Wilders, diventa lotta all'Islam tout court, a suo dire incompatibile con i principi democratici occidentali. E i consensi si sono naturalmente consolidati dopo l'attentato alla redazione di Charlie Hebdo: gli ultimi sondaggi danno il Pvv in testa, con una percentuale di voti compresa tra il 17 e il 20%, mentre Wilders chiede di bloccare l'immigrazione dai Paesi musulmani e ritirare il passaporto a quanti partono per arruolarsi nella Jihad.

Finlandia, il nuovo malato d'Europa
Il 19 aprile Helsinki andrà alle urne per rinnovare il Parlamento, con il peso di una crisi che ha visto il Pil del Paese contrarsi per tre anni di seguito e che, anche quest'anno, rischia di non tornare in territorio positivo, almeno stando alle ultime stime di Nordea Bank. Uno scenario che ha fatto ipotizzare un'ulteriore avanzata dei Finlandesi, il partito di Timo Soini che nel 2011 sorprese tutti piazzandosi terzo con oltre il 19% dei voti, cavalcando temi come i costi dei piani di bailout per le finanze di Helsinki, la richiesta di meno Europa (anche se non di un'uscita dall'euro) e di un'immigrazione più selettiva. Gli ultimi sondaggi mostrano però una tenuta dei partiti tradizionali, che sembrano aver fatto proprie alcune delle istanze dei Finlandesi, soprattutto quella di politiche più fredde nei confronti dell'integrazione europea, depotenziandone l'appeal.

Danimarca: populisti ago della bilancia
Il Partito del popolo danese, fondato nel 1995, ha ottenuto l'affermazione più grande alle ultime elezioni europee, dove ha conquistato il primo posto con il 26,6% dei consensi. Gli ultimi sondaggi in vista delle elezioni politiche di quest'anno, da convocare entro settembre, lo danno in calo, ma comunque molto vicino ai principali partiti, i socialdemocratici al potere e i liberali. Quanto basta per garantire al leader, l'abile Kristian Thulesen Dahl, un ruolo di kingmaker nella vita politica del Paese. Thulesen Dahl non esclude neppure un ingresso al governo, come peraltro accaduto a un altro movimento scandinavo affine, il Partito del progresso norvegese. Non è detto però che sia una scelta conveniente: il sostegno informale concesso dall'esterno a diverse aministrazioni di centrodestra dal 2001 in poi ha garantito al Partito del popolo un'influenza notevole su temi chiave come l'immigrazione. E appare difficile che i potenziali partner aderiscano alle condizioni di Thulesen Dahl: regole ancora più stringenti sull'immigrazione, la reintroduzione di rigidi controlli alle frontiere, il mantenimento della clausola di opt-out che permette di non aderire all'euro.

La Svezia e il rischio dell'islamofobia
Grazie all'accordo raggiunto a Natale tra maggioranza di centrosinistra e opposizione di centrodestra la Svezia ha scongiurato le elezioni anticipate che erano già state annunciate per il 22 marzo e che avrebbero premiato, con tutta probabilità, i Democratici Svedesi, il partito xenofobo di estrema destra che già si era piazzato terzo, con il 12,9% dei voti, a settembre. Si tratta di una sorta di “cordone sanitario” per limitare il potere del movimento (fondato da Jimmie Akesson e da lui ripulito dalle radici neonaziste e dalle frange più estremiste), ma rischia di dare un ulteriore impulso alla destra populista, che può ora presentarsi come unico partito di opposizione. Tanto più che il sentimento nei confronti della tradizionale politica di accoglienza di Stoccolma (il Paese con il più alto numero di rifugiati pro capite nella Ue) sta cambiando e, anche se la maggioranza dei cittadini non sposa le richieste dei Democratici Svedesi - ridurre del 90% i visti concessi a quanti chiedono asilo, combattere la minaccia che l'Islam rappresenta per la cultura svedese - cresce il numero di quanti chiedono norme più rigide sull'immigrazione.

Il rischio di una deriva islamofoba è dietro l'angolo e il campanello d'allarme è suonato tra fine dicembre e inizio gennaio, con una pericolosa escalation di attacchi alle moschee.

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