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Ucraina, dalla Nato una forza rapida di 5mila soldati. Hollande e…

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la risposta di putin: mobilita i riservisti

Ucraina, dalla Nato una forza rapida di 5mila soldati. Hollande e Merkel volano in missione a Mosca

La Nato procede sulla strada dell’interventismo nella crisi dell’Ucraina in cui è coinvolta direttamente la Russia. L’Alleanza Atlantica ha deciso che una nuova forza di reazione rapida potrà essere operativa in 48 ore in caso di eventi gravi e sarà formata da 5 mila soldati. Dopo la riunione dei ministri della Difesa dei Paesi membri a Bruxelles, il segretario generale Nato Jens Stoltenberg ha spiegato che questa spearhead, «punta di lancia», avrà il sostegno «delle forze aeree, marittime e speciali» ma soprattutto «sarà pronta all'azione in 48 ore» con il supporto di aviazione, marina e forze speciali. È stato deciso di installare «immediatamente» i primi sei gruppi di comando e controllo che faranno da base logistica nell'Est europeo: in Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia, Bulgaria e Romania.

Nel complesso la capacità della Forza di risposta della Nato, attualmente composta da 13.000 soldati sarà rafforzata entro il 2016 «per rispondere a tutte le minacce, tanto a est quanto a sud», Medio Oriente compreso, e sarà composta complessivamente da 30mila soldati. I paesi che parteciperanno alla forza come «framework nation», a rotazione, sono Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e Regno Unito.

L'Italia ha dato la propria disponibilità a partecipare al Readiness Action Plan, il nuovo piano di azione rapida della Nato, ha confermato il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, al termine della ministeriale Difesa dell'Alleanza atlantica. «Abbiamo aperto alla disponibilità di essere framework nation nel 2018, con un discorso da chiudere a giugno, quando verranno prese le decisioni», ha spiegato il ministro.

Forza Nato e mosse Usa
Stoltenberg ha spiegato che si tratterà del principale rafforzamento della difesa collettiva dell'alleanza atlantica dalla fine della Guerra Fredda. Nel frattempo, gli Stati Uniti valutano se inviare armi per sostenere l'Ucraina nella guerra contro i ribelli filorussi. Washington ha finora fornito assistenza «non-letale» all'Ucraina. Ashton Carter, designato dalla Casa Bianca per l'incarico di segretario alla Difesa, ha dichiarato ieri di essere propenso a fornire armi.

Putin mobilita i riservisti
Intana Mosca il leader del Cremlino, Vladimir Putin, ha firmato un decreto per mobilitare per due mesi i riservisti. Lo riferisce la Tass citando il portale giuridico-legale del governo. Si tratta di una prassi ordinaria annuale, sottolineano gli esperti. E solo pochi giorni fa il leader separatista filorusso aveva detto che le milizie nelle regioni orientali vogliono reclutare 100mila uomini.

Altre 24 ore di sangue
Sono 19 le persone uccise, tra queste 14 civili, nelle ultime 24 ore nel Sud-Est dell'Ucraina, ha riferito un portavoce del governo di Kiev.

Asse Hollande-Merkel: i due a Kiev e Mosca
François Hollande e Angela Merkel rilanciano in nome della crisi ucraina un asse un po' usurato e messo in difficoltà anche dagli attriti su austerity e crescita in Europa: il presidente francese e la cancelliera tedesca sono stati oggi pomeriggio a Kiev e domani voleranno a Mosca per tentare di rimettere la crisi sui binari negoziali e bloccare un'escalation che sembra minacciare scenari di guerra ben più ampi del conflitto in corso da quasi un anno nell'Est dell'Ucraina.

Kerry: a breve la decisione su fornitura di armi letali a Kiev
Il presidente americano, Barack Obama, deciderà in breve tempo se fornire armi «letali» all'Ucraina. Lo ha affermato il segretario di Stato Usa, John Kerry, dopo un incontro a Kiev con i vertici istituzionali ucraini. Mosca ha già avvertito che forniture di armi «letali» a Kiev da parte di Washington comporterebbero un «danno colossale» ai rapporti tra Russia e Stati Uniti. Kerry ha garantito inoltre il «sostegno» americano al nuovo piano di pace che il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e il presidente francese, François Hollande, presenteranno domani a Putin. Il presidente russo, ha ribadito Kerry, «può prendere decisioni che potrebbero mettere fine al conflitto» tra Kiev e separatisti filo-russi nelle regioni orientali. Il segretario di Stato americano. Al termine della visita a Kiev, Kerry proseguirà per la Germania per prendere parte alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, una tre giorni di lavori che prevede ulteriori colloqui sul tema della crisi ucraina, con un possibile incontro tra Kerry ed il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov.

«L'aggressione russa» nella parte orientale dell'Ucraina «è la più grande minaccia» per Kiev.

Gentiloni: fornire armi non è la soluzione
Mandare armi all'Ucraina non è una soluzione che possa coinvolgere l'Ue o l'Italia. Cosi' il ministro Paolo Gentiloni a Radio24 aggiungendo che “la situazione sul terreno è molto grave e non lascia spazio per una marcia indietro sulle sanzioni alla Russia”. Il ministro degli Esteri ha aggiunto che quello che si sta facendo è cercare “di imporre ai separatisti di dismettere i loro atteggiamenti aggressivi” e chiedere alla Russia di “esercitare la sua influenza” sui separatisti, oltre a rassicurare i paesi della Nato che si sentono minacciati anche con i pattugliamenti aerei ai quali partecipa anche l'Italia.

Timori per la top gun ucraina
Sulla crisi ucraina si è espressa ieri la portavoce del Dipartimento di Stato di Washington, Jen Psaki, per chiedere in particolare la liberazione della pilota ucraina Nadeshda Savchenko (qui la sua storia), in carcere in Russia. Psaki ha espresso profonda preoccupazione per le condizioni di salute di Savchenko - catturata a giugno dai separatisti nell'est dell'Ucraina - che ha iniziato 54 giorni fa uno sciopero della fame per protestare contro la sua detenzione. La vita della «prigioniera delle autorità russe è in pericolo» ha detto la portavoce.

L'eventuale invio di armi letali alle truppe di Kiev da parte degli Usa “può causare dei danni colossali alle relazioni russo-americane se gli abitanti del Donbass saranno uccisi dalle armi statunitensi”. Lo ha detto il portavoce del ministero degli Esteri di Mosca, Aleksander Lukashevich, citato dall'agenzia Interfax.

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