Burro o cannoni? È il cuore del dibattito negli Stati Uniti, nella Nato e nella Ue: bisogna aiutare l’Ucraina democratizzando la sua economia o dandole le armi necessarie alla sua difesa?
Fino ad ora ha sempre prevalso la prima strada: per quanto di riforme gli ucraini non ne abbiano fatte molte e da Occidente di soldi ne siano arrivati pochi. I 16 milioni di dollari portati ieri da John Kerry, sono una mancia. Il comportamento russo e l’offensiva nell’Est del Paese, che ne annuncia una più massiccia dopo il disgelo primaverile, rendono ormai evidente una dura realtà: serve il burro e servono i cannoni.
Nella sua presidenza per molti versi discutibile, Barack Obama ha avuto il coraggio di rompere due cortine di ferro americane, scontrandosi con il Congresso a maggioranza repubblicana: ha ripetutamente cercato e ottenuto il dialogo con l’Iran post-khomeinista e ripreso le relazioni con Cuba. Due nemici totali, a 365 gradi. Come è possibile, dunque, che con la Russia di Putin non ci sia dialogo? Perché lo scontro sembra frontale con un Paese che, nonostante l’Ucraina, resta un partner riconosciuto e fondamentale nella trattativa sul nucleare iraniano, per una soluzione siriana, nella lotta al radicalismo islamico?
Dopo il cessate il fuoco di Minsk, il 5 di settembre, i separatisti d’Ucraina e i russi non hanno mai smesso di combattere. Secondo i rapporti Nato, fra dicembre e gennaio Mosca ha rifornito i ribelli di Donetsk e Lugansk con equipaggiamento militare pesante offensivo. È legittimo sospettare che l’obiettivo russo non sia un compromesso politico ma rendere cronico il conflitto armato con due possibili obiettivi: destabilizzare il governo di Kiev o mirare a una separazione dell’Ucraina orientale, come è già accaduto in Crimea.
Fino ad ora gli Stati Uniti – anche la parte repubblicana- sono stati cauti sugli armamenti. Il governo ha approvato un aiuto da 120 milioni di dollari in armi “non letali” (radar, mezzi di trasporto, equipaggiamento medico), solo metà dei quali consegnati. L’Ukraine Freedom Support Act autorizza una cifra fino a 350 milioni in tre anni, che però non è ancora stata stanziata. In un documento intitolato “Cosa devono fare gli Stati Uniti e la Nato”, una serie di esperti ed ex membri dell’esecutivo, sia democratici che repubblicani, propongono ora un aiuto da un miliardo di dollari entro quest'anno e un altro miliardo nel 2016/17. L’assistenza dovrebbe comprendere anche armi “difensive letali” come i missili leggeri anticarro e altri sistemi d’arma che non servono ad attaccare.
Il presidente Obama è contrario, il dipartimento alla Difesa favorevole. Ma anche con questo aiuto le forze armate ucraine non avrebbero la forza per riconquistare le regioni perdute ma solo per resistere. Lo stesso presidente Poroshenko ha sempre sostenuto che la soluzione è politica, non militare. Un’Ucraina meglio armata costringerebbe i russi a riflettere prima di ordinare un’offensiva. Esiste il pericolo di un’escalation ma fino ad ora è il comportamento di Putin che ha provocato un aumento continuo della tensione, dall’annessione della Crimea in poi. A partire dai missili capaci di abbattere aerei civili ad alta quota, sono i separatisti e i russi che hanno in campo un armamento pesante e offensivo. Non è così militarista temere che senza un contenimento armato Putin pensi di allargare il soccorso a tutti i “compatrioti” ovunque essi siano, fino alla Lettonia e all'Estonia dove le minoranze russe sono cospicue.
L’obiettivo occidentale deve restare il dialogo, partendo dagli interessi comuni e le politiche “non discordanti” con la Russia, altrove nel mondo. La missione fuori programma e unica nel suo genere di Merkel e Hollande, è una prova più che evidente della volontà occidentale di trovare alla crisi una soluzione politica equa. Nessuno crede che l’Ucraina debba entrare nella Nato. E in una realtà diplomatica diversa da quella che Vladimir Putin ha imposto, nessuno si rifiuterebbe di discutere per Crimea e Donbass una collocazione diversa rispetto all’Ucraina come l’abbiamo conosciuta fino ad ora. Ma senza determinazione le prove sul campo date finora da Putin lasciano credere che la Russia pensi di determinare quel futuro con le conquiste militari. Non occorre essere come Winston Churchill, i suoi erano altri tempi, ma qualche lezione quell’uomo l’ha data all’Europa.
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