IN DIFFICOLTA’
I prestiti delle linee
di emergenza hanno tassi
più elevati, con un costo aggiuntivo di 1,5% rispetto alla linea di credito classica
Tre banche bocciate su quattro sotto esame in Grecia, nell'analisi approfondita e stress test condotti dalla Bce, in versione controllore delle banche, il 26 ottobre scorso. Delle quattro istituzioni elleniche coinvolte, erano risultate avere carenze di capitale Eurobank, per 4,6 miliardi di euro a dicembre 2013, la Banca nazionale di Grecia, per 3,4 miliardi, e la banca del Pireo, per 660 milioni.
Unica “promossa”, la quarta, Alfabank: non aveva divari patrimoniali da colmare, secondo i dati della stessa Bce che tuttavia non includevano le misure di compensazione già effettuate negli ultimi mesi. Successivamente anche le tre “bocciate” sono corse ai ripari e hanno raggiunto i ratio richiesti.
Così, oggi, le quattro maggiori banche greche sono solvibili e solide (e quindi possono accedere al programma di liquidità di emergenza, Ela) riservato solo agli istituti di credito di questo tipo. Ma ora, dopo la decisione della Bce, i “quattro moschettieri” del credito ellenico sono alla disperata ricerca di liquidità, visto che a dicembre sono usciti 4 miliardi di euro dai bancomat e a gennaio sono stati ritirati altri 11 miliardi dai conti correnti per timori di instabilità politica.
Tre su quattro avrebbero già fatto richiesta di accedere ai prestiti di emergenza (Ela) per un ammontare di due miliardi di euro, ma la cifra potrebbe salire insieme alla febbre dei risparmiatori preoccupati delle sorti dei loro depositi.
Dopo averle escluse dalla possibilità di usare i bond sovrani come collaterali per ricevere finanziamenti, l’Eurotower però sarebbe pronta a concedere fino a 60 miliardi di euro in liquidità di emergenza alle banche greche.
Buona notizia, dunque, visto che mercoledì sera, la Bce ha annunciato a sorpresa la chiusura del principale canale di rifinanziamento a favore delle banche elleniche, nell’impossibilità di capire come e se proseguirà il programma di correzione e supporto all’economia che Atene ha concordato nel 2010 e 2013 con l'Ue e l’Fmi.
Naturalmente l’accesso a questi prestiti sarà concesso a tassi più elevati, con un costo aggiuntivo di 1,5% rispetto alla linea di credito tradizionale che attualmente costa 0,05%. Atene ha anche chiesto di alzare il tetto per emettere titoli a breve (Tbills) da 15 miliardi a 25 miliardi così come concordato con i creditori, ma, per ora, non ha ricevuto il “disco verde”, perché la strategia europea è mettere all'angolo il Governo Tsipras e far vedere che non ha alternative .
Le linee di emergenza sono a questo punto l’unico via di accesso al credito per le banche greche e per tenere in piedi l’apparato statale: vale a dire pagare stipendi, prestiti e interessi.
Anche questo canale però è sottoposto a controlli da parte della Bce che ne può verificare periodicamente la solidità e percorribilità e addirittura chiuderlo con i due terzi dei voti del board.
Atene quest’anno deve pagare per il servizio del debito (interessi e rimborsi) la bella cifra di 22,348 miliardi di euro a fine dicembre secondo Nomura European economic: se questa cifra non viene dilazionata o ridotta non ci sono certo margini perché l’economia reale torni a respirare.
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CONTI CORRENTI
La corsa agli sportelli
In Grecia a dicembre sono stati ritirati 4 miliardi di euro dalle banche da parte dei risparmiatori a causa della crescente incertezza politica ed economica. Successivamente a gennaio altri 11 miliardi di euro sono stati prelevati dagli istituti di credito in seguito al risultato elettorale che ha visto prevalere il partito di sinistra radicale Syriza in alleanza con il partito di destra nazionalista dei Greci indipendenti. Il governatore centrale greco ha tranquillizato sulla solidità dei depositi bancari.