Italia

Addio a Massimo Rendina, storico partigiano e giornalista

  • Abbonati
  • Accedi
il ricordo

Addio a Massimo Rendina, storico partigiano e giornalista

È morto un uomo onesto, un partigiano, un giornalista. Massimo Rendina aveva appena compiuto 95 anni ed è stato un protagonista dell'Italia della Resistenza così come dell'Italia nel dopoguerra, sempre dalla parte della società civile.

Nato a Venezia, vive a Bologna, dove è richiamato alle armi e torna ferito dal fronte russo. Entra subito, lui cristiano, nelle Brigate Garibaldi, in Piemonte e in poi in Emilia-Romagna, e il comandante Max diventa Capo di stato maggiore, nei fatti il comandante delle brigate in tutta la regione. Viene espulso dal Pci perché giudica il partito troppo acquiescente con l'Unione Sovietica, ma fa in tempo a partecipare alla stampa del primo numero dell'Unità clandestina, insieme a Giorgio Amendola. Lo spirito e l'intransigenza del partigiano saranno sempre al centro dell'azione di Massimo, da anni vicepresidente dell'Anpi nazionale.

La sua azione è sempre stata mirata a cambiare lo stato di cose presente. Quando, finito il dopoguerra, l'Italia diventa a maggioranza democristiana, riprende l'attività giornalistica e diventa amico di Enzo Biagi, sempre a Bologna, al Resto del Carlino. Dove, per reazione al clima di conformismo imperante, si organizzano alcune clamorose burle, come il furto del simbolo di Modena, la Secchia, con tanto di scesa in campo del sindaco Dozza per placare gli animi tra le due città rivali. O la dichiarazione di guerra a San Marino, con tentativo d'invasione, travestiti da garibaldini o da antichi romani, interrotto dai carabinieri, scoppiati a ridere.

L'attività giornalistica e di comunicatore prosegue in Rai: Massimo Rendina è stato il primo direttore di Telegiornale Rai, troppo indipendente per restarvi a lungo, rimosso con Tambroni al governo, con tanto di riunione del Consiglio dei ministri, ma promosso condirettore centrale («non ero mica una vittima» raccontava Massimo). Ha quindi avuto un ruolo di primo piano come direttore dello sviluppo tecnologico del servizio pubblico, portando avanti la ricerca e lo sviluppo di tecnologie che hanno fatto la storia della televisione, dal Televideo al satellite e all'Alta Definizione.

La sua attività è continuata come giornalista, attivo e combattivo, da sempre, anche nel suo sindacato, la Federazione Nazionale della Stampa; e poi nella città di Roma, dove viveva con la moglie e i due figli, tra i fondatori e ideatori della Casa della Memoria e della Storia, inaugurata a Trastevere ai tempi di Walter Veltroni sindaco, sempre presente, in piazza, quando c'erano manifestazioni per i diritti e le libertà.

Un piccolo ricordo personale: Massimo non era tipo da élite intellettuale o da salotto. Venne a presentare davanti a tre persone tre, un libro di Stefano Tassinari, scrittore ferrarese, ma bolognese d'adozione, scomparso prematuramente, su una storia di partigiani traditi, l'Ora del ritorno. È venuto e se ne è andato a piedi dalla libreria. Aveva già più di ottant'anni. Continua a camminare, Massimo.

© Riproduzione riservata