Italia

Massimo Rendina, partigiano della memoria

  • Abbonati
  • Accedi
(none)

Massimo Rendina, partigiano della memoria

  • –Marco Mele

Una vita in trincea

Dalla guerra in Russia alle Brigate Garibaldi, dal Resto del Carlino alla Rai, alla Casa della Memoria. Mai nascosto dietro una poltrona

Bisogna evitare “l’interruzione della memoria”. Questa frase, pronunciata da Walter Veltroni alla Camera ardente in Campidoglio, in onore di Massimo Rendina, vicepresidente dell’Anpi nazionale, può rappresentare l’attività del Comandante Max, morto domenica a novantacinque anni. Fu proprio Rendina l’ideatore e l’anima della Casa della Memoria e della Storia in Trastevere.

Comandante partigiano - guidò la liberazione di Torino - e storico della Resistenza (scrisse il Dizionario della Resistenza Italiana nel 1995). Giornalista - dirige il Tg della rete nazionale della Rai dopo Vittorio Veltroni - e Docente di scienze delle comunicazioni. Per Massimo è stato fondamentale essere protagonista degli eventi senza esserne in balia ma, allo stesso tempo, analizzarli, comunicarli, affidarli al futuro, ai giovani.

Sempre coerente e intransigente sui valori della Resistenza e dell’antifascismo, non aveva certo paura di passare per eretico. Cristiano, entra nella Brigate Garibaldi e nel Pci. Salvo uscirne, «ma senza drammi, eravamo tutti amici. Decisero di espellermi, ma fu una cosa pacifica», perchè denuncia come il Partito fosse acquiescente verso l’Unione Sovietica. Non senza aver fatto in tempo a stampare a Torino la prima edizione dell’Unità clandestina, insieme a Giorgio Amendola.

Comincia a fare il giornalista al Resto del Carlino, a Bologna, insieme ad Enzo Biagi, conosciuto nel 1939. Inviato al fronte russo, rientra in Italia per malattia, entra nelle Brigate Garibaldi, dove diventa prima comandate di brigata e poi capo di stato maggiore; viene ferito gravemente.

Nell’immediato dopoguerra, con la vittoria della Dc nel 1948, fu tra gli organizzatori di alcune imprese vicino alla goliardia, «per recuperare la giovinezza perduta», ma anche per infrangere i tabù del conformismo. Tra queste, il rapimento della Secchia rapita da Modena, con tanto di processo e assoluzione e con ritorsione dei modenesi contro l’Università di Bologna. Giuseppe Dozza, “il sindaco”, costretto a intervenire per evitare il peggio. O la marcia per occupare San Marino, in parte vestiti da garibaldini, in parte da antichi romani, bloccata dai carabinieri, tra le risate generali.

Alla Rai, Massimo Rendina è il secondo direttore del Telegiornale dopo Veltroni. Troppo indipendente, viene rimosso con il governo Tambroni. Dopo Piccioni sarà proprio Enzo Biagi a prenderne il posto. Odiava chi faceva la vittima: “non lo sono stato: mi hanno aumentato lo stipendio e nominato condirettore centrale”. Da responsabile delle tecnologie Rai lancia la ricerca e lo sviluppo di nuove modalità trasmissive, dal Televideo al satellite.

La piazza era la sua seconda casa e non solo il 25 aprile. Massimo Rendina non è mai stato uno che si chiudeva o che si poteva chiudere in una stanza, con una poltrona. Da giornalista partecipa all’attività della Federazione Nazionale della Stampa, si candida alle elezioni, va ai congressi, litiga e si batte contro ogni censura, per l’autonomia dell’informazione.

Va nelle scuole a raccontare la Resistenza e il dopoguerra, organizza eventi multimediali alla Casa della Memoria. Un piccolo ricordo personale: Rendina presenta, insieme a Marino Sinibaldi, nel 2001, il libro L’Ora del ritorno, di Stefano Tassinari, scrittore ferrarese, ma bolognese d’adozione, scomparso prematuramente. La storia di un partigiano tradito. Rendina viene e se va a piedi, e ha già più di ottant’anni. Continua a camminare, Massimo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

L’ADDIO AL COMANDANTE MAX

L’omaggio in Campidoglio

Roma ieri ha salutato per l’ultima volta il suo Comandante Max (Massimo Rendina, foto) nella sala della protomoteca in Campidoglio, dove è stata allestita la camera ardente. Oltre al sindaco Ignazio Marino sono intervenuti anche gli ex primi cittadini Francesco Rutelli e Walter Veltroni. «Era rispettato da tutti. Ci mancherà», ha chiosato prima di andar via Rutelli. Mentre Veltroni, dopo aver ricordato il lavoro fatto insieme a Rendina sulla memoria, ha osservato: «è stato il simbolo unificante dell'antifascismo a Roma». E Marino: «Perché non tornare a celebrare il 25 aprile in piazza del Campidoglio?»