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In Italia lavoratori anziani sempre più protetti a scapito dei giovani

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l0 studio del parlamento europeo

In Italia lavoratori anziani sempre più protetti a scapito dei giovani

L'Italia e le politiche lavorative per i giovani sembrano viaggiare su due binari diversi. Almeno finora, i lavoratori più anziani rimangono i più protetti nel nostro paese. Questo è quanto sostiene il Parlamento Europeo in uno studio sulla situazione lavorativa dei giovani con meno di 25 anni in Europa in un capitolo dedicato all'Italia. Le riforme introdotte per liberalizzare i contratti a termine e rendere più facile il procedimento di assunzione dei lavoratori, hanno finito per penalizzare maggiormente i lavoratori più giovani che hanno pochissime protezioni e benefits rispetto ai colleghi più anziani.

Il divario tra generazioni è grande: i lavoratori più anziani sono avvantaggiati rispetto agli stipendi di ingresso, al tipo di contratto e alla sicurezza sociale. L'estensione dell'età lavorativa e le recenti riforme pensionistiche hanno avuto l'effetto di ridurre la domanda di lavoro e la qualità, generando così un sempre più marcato dualismo tra lavoratori insiders (i più anziani) e outsiders( i giovani). Il tasso di disoccupazione giovanile pre crisi è sempre stato più alto della media europea, mentre il livello di disoccupazione nell'età compresa tra i 25 e i 64 anni era pari o appena al di sotto del livello Ue. Agli occhi dell'Europarlamento appare problematico, in particolare, il passaggio tra istruzione e mondo del lavoro.

In Italia c'è un numero elevatissimo di giovani “neet”, che non lavorano e non studiano, rispetto alla media europea. Inoltre nel nostro paese l'essere “neet” non dipende dal livello di istruzione raggiunto: i giovani “neet” tra i 20 e i 24 anni che abbiano completato un ciclo secondario di studi è aumentato significativamente tra il 2008 e il 2010, passando dal 16% al 20% da dati di Eurofound. La mancanza di partecipazione dei giovani al mercato del lavoro, è secondo la ricerca, involontaria e dovuta alle barriere che incontrano per accedere. La mancanza di competenze adeguate, la distanza dal mondo del lavoro, il rivolgersi a candidati con precedenti esperienze lavorative, sono alcuni degli ostacoli che non permettono una giusta transizione dall'istruzione e formazione al lavoro. Il dualismo nel mercato del lavoro italiano è evidente considerando che gli under 25 italiani sono assunti con contratti di lavoro temporanei in maniera sproporzionata rispetto ai loro coetanei negli altri paesi europei e a coloro in età compresa tra i 25 e i 64 anni. Questa forma di contratti atipici in Italia conta il 20% di tutti i lavori esistenti sul nostro territorio.

La deregolamentazione dei contratti per rendere più flessibile il mercato del lavoro ha creato un sistema senza regole. Negli ultimi dieci anni, si legge nel rapporto, l'Italia ha deregolamentato i contratti a tempo determinato per i lavoratori dipendenti e ciò ha portato a un numero di persone con contratti atipici e flessibili superiore alla media europea. La flessibilità e i contratti temporanei sono più appetibili e preferiti dalle aziende italiane fondamentalmente per ridurre i costi del lavoro piuttosto che funzionare come strumenti di selezione per assumere nuovi lavoratori. Dato l'alto tasso di disoccupazione giovanile, l'Italia ha alzato il limite ai contratti di apprendistato fino a 32 anni, ma la Commissione Europea ha recentemente osservato che « l’Italia è caratterizzata da un uso e abuso di tirocini tra i giovani, spesso per ridurre il costo del lavoro». C'è da dire che le misure intraprese finora per i giovani hanno portato a ben pochi risultati.

Al programma Fixo per la formazione e l'innovazione che doveva favorire la transizione al mondo del lavoro dei neo laureati, si sono registrati, nel 2009, 35.250 giovani sui 227.950 laureati nello stesso anno, ma solo meno della metà 15.905 hanno svolto tirocini ricevendo 200 euro al mese, contro i 2.300 euro destinati al datore di lavoro per coprire i costi del tutoraggio. Mentre i Piani Locali Giovani avrebbero dovuto favorire il lavoro autonomo degli under 25, ma l'accesso al credito è estremamente difficile e l' incoraggiamento al lavoro giovanile autonomo è stato dunque modesto. Tra le conclusioni dello studio, sembra che l'interesse della politica, al di là dell'enfasi, nel cercare di recuperare la generazione perduta, sia anche essa molto limitato.

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