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Borse in volata, si guarda alla tregua

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Borse in volata, si guarda alla tregua

  • –Maximilian Cellino

La questione greca «rimandata» a lunedì, le tensioni Russia-Ucraina che si stemperano e soprattutto le Banche centrali che in tutto il mondo che proseguono nelle loro politiche monetarie ultra-espansive, anzi accelerano il ritmo a cui stampano moneta per sfuggire allo spettro deflazione come dimostra la mossa svedese di ieri. È guardando a queste premesse che si può capire come nella giornata di ieri si sia visto di nuovo affluire con decisione il denaro verso i mercati finanziari: Borse e titoli di Stato hanno approfittato per recuperare parte del terreno perduto nelle giornate precedenti, in qualche caso anche con gli interessi.

Così, se si esclude Atene (+6,7%), Piazza Affari ha messo a segno la miglior performance del Vecchio Continente grazie a un rialzo del 2,13% legato soprattutto all’exploit del settore finanziario (Da segnalare il maxi-rimbalzo del 13% di Mps alla notizia dell’ingresso del Tesoro nel suo capitale). Segni positivi si sono visti però anche a Madrid (+1,9%), Francoforte (+1,56%), Parigi (+1%) e infine anche a New York, dove dalle trimestrali societarie sono arrivati anche segnali favorevoli.

Stesso copione sul reddito fisso, con i rendimenti dei titoli decennali in discesa quasi ovunque nel mondo: dall’Italia (1,67%) alla Germania (0,32%), passando per gli Stati Uniti e non tralasciando neppure la Grecia (10,08%). Il fatto che i BTp abbiano ulteriormente avvicinato i Bonos spagnoli (1,62%) rischia di fare poca notizia perché come si legge anche nell’articolo in basso la forbice si sta chiudendo ormai da settimane anche per la «penalizzazione» che Madrid sta subendo per via dell’accostamento Syriza-Podemos in vista delle elezioni politiche (che si terranno comunque a novembre).

Il movimento più eclatante è quindi probabilmente lo scivolone del titolo decennale svedese, piombato di 10 punti ormai allo 0,51% di riflesso alla decisione della Riksbank di abbassare addirittura in territorio negativo i tassi di interesse (-0,1%, è la prima volta nella storia del paese scandinavo) e di avviare un piano di riacquisti di titoli di Stato con scadenze comprese fra uno e 5 anni per un ammontare di 10 miliardi di corone: in pratica l’ennesimo quantitative easing al mondo.

A forzare la mano alla banca svedese, che si riserva di abbassare ulteriormente i tassi (come già ha fatto la Danimarca) se dovesse essere necessario, è l’analoga decisione annunciata dalla Bce il 22 gennaio scorso: «La Svezia è un’economia aperta vulnerabile alle ripercussioni dei Paesi partner, principalmente l’Eurozona», conferma Chiara Silvestre di UniCredit Research. Oltre che sui rendimenti dei titoli di Stato, le conseguenze sono state pressoché immediate sul cambio: la corona è precipitata ai minimi da quasi 6 anni sul dollaro (8,4) e da metà 2010 nei confronti dell’euro (9,6), che a sua volta ieri ha mantenuto le proprie posizioni rispetto al biglietto verde ancorandosi a quota 1,14.

Gli effetti del «qe» di Mario Draghi, che per la verità non è ancora iniziato, appaiono evidenti (e non potrebbe essere altrimenti) anche dalle aste del Tesoro: in attesa che l’Eurotower muova la propria mano, gli operatori fanno incetta dei titoli di fresca emissione facendone lievitare i prezzi e abbattendo i rendimenti. Ieri sono stati collocati 8 miliardi di euro di BTp con scadenza 3,7 e 15 anni a nuovi minimi storici (rispettivamente 0,44%, 1,23% e 2,1%), con una domanda piuttosto sostenuta sulla scadenza più ravvicinata (sulla quale in giro per l’Europa si fatica a trovare ancora tassi non negativi) e interessante anche per il nuovo benchmark settennale: la caccia al rendimento potrebbe essere appena all’inizio.

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