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Bancarotta fraudolenta, chiesto processo per Denis Verdini

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editoria

Bancarotta fraudolenta, chiesto processo per Denis Verdini

La procura di Firenze ha chiesto il processo per bancarotta fraudolenta contro Denis Verdini, per il fallimento della Società Toscana di Edizioni (Ste) che editava Il Giornale della Toscana, quotidiano che ha cessato le pubblicazioni. Secondo gli inquirenti la Ste (di cui Verdini è considerato amministratore di fatto e socio di maggioranza) venne «spolpata», con distrazione di capitali dal suo patrimonio, quando già era in perdita e non avrebbe potuto sostenere operazioni onerose. Atti che ne causarono la bancarotta.

Verdini (senatore di Forza Italia), considerato vero 'dominus' della Ste, non è l'unico indagato. Il gup dovrà esaminare le stesse accuse per altri quattro: l'on. Massimo Parisi, coordinatore regionale di Fi in Toscana e considerato amministratore di fatto della Ste nonché membro del cda dal 1998 al 2008; Girolamo Strozzi in qualità di presidente della Ste dal 1998 al 2012; Enrico Luca Biagiotti, membro del cda; Pierluigi Picerno, amministratore e poi liquidatore della società.

Tra le circostanze che avrebbero provocato il fallimento, le indagini della Gdf hanno individuato un'operazione da 2.600.000 di euro che portò nei conti correnti di Verdini e di Parisi, suo 'braccio destro' per le iniziative editoriali, 1,3 mln ciascuno.

Per gli inquirenti l'operazione non aveva valide ragioni economiche: anzi, la procura ritiene che fu fatta solo per far avere 2.600.000 euro a Verdini e Parisi. In particolare, è stato ricostruito, la distrazione di questa somma fu effettuata tramite un contratto preliminare del 2004 con cui la Ste si obbligava ad acquistare per un totale di 2,8 mln dagli stessi Verdini e Parisi quote di un'altra società, la Nuova Toscana Editrice srl, con capitale sociale di appena 62.000 euro e oberata, nel 2001, di debiti per 660.260 euro e nel 2004 in perdita per 839.436 euro.

Operazione che proseguì con il versamento dalla Ste ai conti di Verdini e Parisi di 1,3 mln euro ciascuno, in data antecedente alla stipula del contratto definitivo, il quale non fu mai fatto. E la Ste, in modo anomalo per l'accusa, non richiederà mai indietro le somme versate a Verdini e Parisi. Inoltre, successivamente, nel 2009 la Ste cedeva quel contratto preliminare - mai perfezionato e comprensivo della posizione creditoria verso Verdini e Parisi -, al prezzo di 2.600.000 euro agli imprenditori Antonella Pau e Giuseppe Tomassetti, ritenuti vicini al faccendiere Flavio Carboni, che con Verdini è coinvolto nel procedimento romano sulla cosiddetta P3. Alla procura risulta che il prezzo non fu mai saldato. E la Ste ha continuato a mantenere nel tempo questa 'zavorra', fino al fallimento dichiarato nel febbraio 2014.

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