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Lavoro, le mansioni diventano più flessibili

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Lavoro, le mansioni diventano più flessibili

Le imprese, in via unilaterale, potranno variare le mansioni di un lavoratore in tutti i casi di «modifica degli assetti organizzativi» (una nozione più ampia di quella contenuta nella delega, che limitava tale facoltà alle sole ipotesi di ristrutturazione o riorganizzazione aziendale). Se si percorrerà questa strada, l'attribuzione unilaterale a nuove mansioni non potrà scendere «sotto un livello di inquadramento» e non dovrà comportare «modifiche alla retribuzione in godimento» al momento del cambio dell'incarico.

La contrattazione collettiva, compresa quella aziendale, avrà comunque sempre la possibilità di individuare ulteriori ipotesi di modifica, anche in pejus, delle mansioni. Spazio anche a un rafforzamento normativo dei patti modificativi delle mansioni “certificati”, quelli cioè sottoscritti in sede protetta (essenzialmente sindacale o, finché rimarranno, presso le direzioni territoriali del lavoro). Qui ci si potrà accordare nel modificare le mansioni per tre motivi: «mantenimento dell'occupazione» (in sostanza per evitare il licenziamento), per «acquisire nuove professionalità» o per «conciliare al meglio vita e lavoro». La possibilità di variare incarico per ragioni di salute (per esempio in caso di grave malattia) è sempre ammessa (come del resto accade già oggi). Inoltre, la “promozione automatica” scatterà dopo 6 mesi (e non più dopo 3 mesi), «salva diversa volontà del lavoratore».

Al Dlgs di riordino delle tipologie contrattuali che verrà portato oggi per un primo giro di tavolo al consiglio dei ministri, è stata inserita una “postilla” finale di 8 commi che, in attuazione della delega lavoro, apre ufficialmente la strada legislativa alla possibilità di modificare le mansioni di un lavoratore, riscrivendo l'articolo 13 dello Statuto dei lavoratori datato 1970.
Le novità, se varate definitivamente dal Governo, si applicheranno a tutti i dipendenti (vecchi e nuovi assunti), e il cambiamento rispetto alla disciplina attuale è abbastanza marcato.
«Oggi – spiega Raffaele De Luca Tamajo (università di Napoli) – è possibile modificare le mansioni solo entro i limiti dell'equivalenza professionale, e salvo ipotesi particolari ammesse dalla giurisprudenza non si può demansionare. Il divieto è assoluto visto che ogni patto contrario è considerato nullo. Con le modifiche ipotizzate dal Governo si flessibilizza la gestione del rapporto di lavoro, iniziando a percorrere una strada che la Germania ha già intrapreso dal 2003 non solo sulle mansioni, ma anche su orari e salari. Si dà inoltre fiducia alla contrattazione, dove poter bilanciare al meglio gli interessi di lavoratori e aziende».
Il punto è che in questo contesto di crisi «le imprese soprattutto quelle grandi e medie hanno bisogno di flessibilità quando gestiscono i lavoratori in servizio – aggiunge Arturo Maresca (Sapienza, Roma) –. Non si tratta di una banale operazione di legittimazione del demansionamento. Ciò consentirà di affrontare il tema della gestione e riconversione professionale del personale, con strumenti più flessibili e insieme rispettosi dei diritti dei lavoratori».

Non c'è dubbio che l'orientamento è «quello di consentire una forte flessibilità organizzativa – sottolinea Roberto Pessi (Luiss, Roma) –. Ma nello stesso tempo si fanno salvi i diritti quesiti, garantendo la salvaguardia della retribuzione. Si riconosce il modello dell'autonomia assistita; e per quanto riguarda le mansioni superiori è fondamentale che la volontà del lavoratore sia manifestata legittimamente. Ciò per assicurare il regime di stabilità più favorevole, ed evitare il rischio del trasferimento».

Anche per Sandro Mainardi (università di Bologna) l'ipotesi di riscrittura dell'articolo 13 dello Statuto dei lavoratori «supera le rigidità che hanno talora caratterizzato l'interpretazione giudiziale della norma, con una positiva apertura verso le esigenze organizzative dell'impresa che col nuovo testo possono oggi prescindere da situazioni (solo) emergenziali. Opportunamente il legislatore intende promuovere le modifiche concordate, con attenzione per le necessità di vita e lavoro dei dipendenti: al di là della casistica individuata per gli accordi certificati, probabilmente non tassativa, restano senz'altro praticabili modifiche in pejus delle mansioni concordate in sede protetta sindacale o amministrativa, anche con la possibilità di incidere al ribasso sui trattamenti retributivi acquisiti».

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