Italia

Riforma Rai, si parte a marzo. Il premier non esclude il decreto…

  • Abbonati
  • Accedi
nuova governance

Riforma Rai, si parte a marzo. Il premier non esclude il decreto legge. Battibecco con Gasparri

«Si parte a marzo», forse per decreto legge: «Dipenderà dai tempi parlamentari. Se sarà possibile faremo il ddl. Se ci sono le condizioni di necessità e urgenza faremo il decreto come prescrive la Costituzione». Renzi detta i tempi della prossima riforma in cantiere, quella della Rai. Dopo un cenno in mattinata, alla manifestazione Pd sulla scuola («se la Rai è un pezzo dell'identità culturale del paese allora non può essere disciplinata dalla legge Gasparri, è proprio ontologico»), il premier torna sul capitolo del sistema televisivo pubblico parlando ai microfoni di “In 1/2h” di Lucia Annunziata (Rai 3). Alla domanda se il prossimo Cda di viale Mazzini sarà ancora eletto con la legge Gasparri, il premier risponde secco: «Il nostro obiettivo è no».

Cambiare governance Rai per renderla «più efficiente ed efficace»
«La Rai è uno straordinario patrimonio, ha fatto l'Italia unita, ha insegnato agli italiani a leggere, poi c'è stato un periodo in cui, non tanto per problematiche politiche ma anche per quelle, ha scelto di inseguire il modello dell'audience e della competizione interna, ha fatto un'altra cosa. Vorrei che la Rai fosse il riferimento culturale in Europa. La Rai deve essere meno» un luogo dove i «partiti sono impegnati a spartirsi i vice caporedattori» e più un luogo con la «politica con la 'P' maiuscola», spiega. «Per me è fondamentale una Rai più efficace e efficiente possibile - aggiunge il premier - perchè oggi la Rai è nelle mani della Corte dei conti». L’obiettivo è rendere la governance dell’azienda «la più efficiente ed efficace. Oggi l'azienda ha procedure burocratiche complicatissime. Pensiamo che la Rai debba essere il grande motore dell'identità educativa e culturale del Paese e in quanto tale - ribadisce - non può essere normata da una legge che si chiama Gasparri. Lo dico perché ho un'idea dell'identità educativa e culturale diametralmente opposta a quella di Gasparri».

Gasparri (FI) da Renzi un bluff che sarà bloccato dalla Consulta
Chiamato in causa da Renzi il vicepresidente del Senato e senatore di Fi, Maurizio Gasparri, “padre” delle norme che regolano oggi l’assetto radiotelevisivo, resplica accusando il premier di «trattare la Rai come le aziende di famiglia del padre o come la sinistra ha fatto da sempre con il Monte dei Paschi». Ma «finchè la Rai resta pubblica il dittatorello fiorentino dovrà rinunciare ai sogni di vana gloria. Un monocolore renziano non ci sarà mai fino a quando ci sarà la Corte costituzionale a bloccare la scalata del più grande bluff degli ultimi tempi». Se Renzi vuole riformare la Rai «si accomodi», conclude Gasparri, ma «deve rispettare la legge, che sulla formazione del Cda è chiara lasciando al Parlamento la scelta».

Gasparri all’attacco del premier via tweet
Ma lo scontro polemico di Gasparri non si è limitato al classico comunicato stampa. In giornata, gli annunci di Renzi sulle prossime mosse del governo per la Rai sono stati commentati dall’esponente azzurro con pesanti commenti via tweet contr il premier. Al primo, postata a caldo - «Sei di una abissale ignoranza, privo di basi culturali, solo chiacchiere distintivo e insider trading», ne è seguito un altro, durante l’intervista di Renzi trasmessa su Rai 3. «Sei davvero una persona spregevole, torna nella loggia del babbo», ha twittato Gasparri, che poco dopo ha scritto: «Renzi è un vero imbecille. Alla Folletto faceva lo sporco nel sacchetto».

M5S all’attacco: la riforma della Rai spetta al Parlamento
All’attacco per gli annunci di Renzi il gruppo M5S in Commissione di Vigilanza Rai, che in una nota se la prende con «il premier più sovraesposto in tv» che «suggerisce di essere l'unico in grado di liberare la Rai dalla politica». «Se, a suo dire, il servizio pubblico non può essere disciplinato da una legge che si chiama Gasparri, - spiegano i grillini - è anche vero che non può essere disciplinato da un decreto che si chiama Renzi. Il M5S, unica forza politica che non ha lottizzato e non ha piazzato direttori e dirigenti, ritiene invece che il solo organo legittimato a cambiare una legge che regola il servizio pubblico radio tv sia il Parlamento come in tutti i paesi democratici».

© Riproduzione riservata