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Risparmi record per le famiglie italiane, ma lo standard di benessere…

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Risparmi record per le famiglie italiane, ma lo standard di benessere è ancora lontano

I depositi bancari degli italiani, ormai dal 2007, anno del fallimento della Lehman Brothers, fino al mese di marzo del 2014, sono aumentati di 234 miliardi di euro e la liquidità delle famiglie è salita a 1.209 miliardi di euro registrando un incremento del 9,2%. Dunque è “la svolta buona” per l'Italia? No, ma neppure il momento del cappio al collo. Per ottenere standard di benessere è necessario avere capacità di reddito e risorse economiche che permettano di sostenere i consumi domestici. C'è un problema di contrazione dei redditi ma i risparmi dei residenti italiani dal 2007 al 2013 sono passati dai 975 miliardi di euro del 2007 a una massa finanziaria di 1.209 miliardi nel marzo 2014.

La propensione al risparmio è salita dal 7,8% al 10%, pure a fronte di una riduzione del reddito disponibile delle famiglie dell'1,2% nello stesso periodo. La situazione, infatti, è grave con una soglia di povertà assoluta varia nelle diverse zone del Paese. Secondo il calcolatore Istat, una famiglia con due figli nella fascia di età da 0-3 e 4-10 anni è passata a circa 1550 euro al Nord e solo 1170 euro al Sud. Il disagio, inoltre, è maggiormente vissuto dai pensionati e il rapporto Istat Noi Italia 2015 sottolinea che sono 23,3 milioni le pensioni erogate in Italia nel 2013 con una spesa complessiva di quasi 273 miliardi di euro. Lo scenario peggiora con i dati di Eurostat riguardanti i giovani che non sono impegnati né scuola né a lavoro o in un percorso formativo.

I cosiddetti Neet (not educational employment or training) sono circa due milioni e mezzo (26% del totale) di giovani italiani tra 15 e 29 anni - Germania e Francia registrano quote di Neet rispettivamente pari a 8,7 e 13,8% - che si sono rassegnati e stanno a casa senza alcun tipo di prospettiva futura. Inoltre, chi ha già un'occupazione non ha la possibilità di aumentare i guadagni o di andare alla ricerca di una nuova opportunità lavorativa. Non lascia sperare bene neanche il tasso di disoccupazione italiana che raggiunge il 12,2% a fronte di una media dei 28 paesi dell'Unione europea che si attesta al 10,8%. Un dramma anche il dato della disoccupazione giovanile che in Italia arriva al 40% nel 2013.

Nel 2012 circa sei famiglie residenti su dieci – tra cui potrebbero contarsi anche cittadini non comunitari che a gennaio 2014 risultano oltre 3 milioni e 800 mila di cui 11,2% è forza lavoro – cioè il 62% hanno conseguito un reddito netto inferiore all'importo medio annuo di 29.426 euro pari a circa 2.452 euro al mese. Inoltre, il livello di soddisfazione per la situazione economica presenta una forte variabilità regionale, dal 66,2% di Bolzano al 30,2% della Sicilia. La quota delle famiglie che dichiarano di avere ridotto i consumi rispetto all'anno precedente è passata dal 53,6% del 2011 al 62,3% del 2012 e nel 2013 la propensione al risparmio è aumentata del 12,8%.

Tuttavia, l'indicatore di grave deprivazione - calcolato da Eurostat in base a quattro o più sintomi di disagio economico su un elenco di nove – scende nel 2013 a 12,5% (nel 2012 a 14,5%). Dunque, la vera piaga sembra essere una cattiva distribuzione delle risorse economiche. Eurostat, infatti, segnala tra il 2008 e il 2012 un aumento della disuguaglianza in termini di ricchezza, che torna sui livelli osservati all'inizio dello scorso decennio: l'indice di concentrazione di Gini sale al 64% (era il 62,3% nel 2010 e il 60,7% nel 2008) e la quota di ricchezza totale posseduta dal 10% più ricco della popolazione raggiunge il 46,6% (era il 45,7% nel 2010 e il 44,3% del 2008).

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