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Eccesso di discrezionalità

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IL COMMENTO

Eccesso di discrezionalità

Il governo ha messo a punto una nuova versione del falso in bilancio. La norma, pur essendo in parte migliorativa rispetto alle ipotesi precedenti, appare improntata a un eccesso di discrezionalità che mal si concilia con l'esigenza di garantire certezze agli operatori.

Il superamento della soglia di 600mila euro di ricavi lordi, dal quale dipendeva il quantum di pena, aveva attirato numerose critiche, poiché la severità della sanzione dipendeva da un parametro (il profitto) irrilevante in termini di pericolosità.

L'emendamento ora distingue unicamente tra società quotate e non, prevedendo rispettivamente la reclusione da 3 a 8 anni e da uno a 5 anni, rendendo impossibile anche il ricorso a intercettazioni telefoniche. A questo proprosito, va detto che nonostante le polemiche e i malumori anche nella maggioranza, il range punitivo (fino a cinque anni) appare già elevato e comunque in linea con il disvalore concreto del delitto, costruito come reato di pericolo.

Le ultime modifiche, peraltro, rafforzano l'offensività della condotta, richiedendo all'autore la consapevolezza esplicita della natura falsa dell'informazione esposta, nonché l'idoneità concreta all'induzione in errore di terzi. L'intenzione sembra essere quella di voler evitare il perseguimento di falsi formalmente tali, ma riconducibili a errori o prassi innocue sul piano decettivo.

L'emendamento conferma inoltre l'eliminazione dei distinguo attuali in tema di non punibilità delle valutazioni estimative e delle variazioni del risultato di esercizio o del patrimonio netto. Due le novità rilevanti. La prima riguarda una consistente diminuzione di pena (6 mesi-3 anni) se i fatti sono «di lieve entità, tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta». In astratto, bene l'introduzione dell'attenuante ma occorrerebbe un maggiore sforzo di precisione, per evitare disinvolte e divergenti interpretazioni giurisprudenziali. Peraltro il richiamo alle dimensioni delle società sembra far rientrare dalla finestra il criterio cacciato dalla porta delle soglie di punibilità. Quanto agli «effetti della condotta», sarà difficile trovarli, trattandosi di reato di pericolo e dunque consumato indipendentemente dal risultato perseguito.
Oscura e bisognosa di modifiche è la disposizione ulteriore, che prevede una clausola di non punibilità per la particolare tenuità del falso. Non sarà affatto facile distinguere in concreto tra lieve e particolare tenuità, né aiuta l'emendamento, che si limita a richiamare il principio generale del codice penale e a suggerire al giudice di valutare tipologia e operatività della società. La riscrittura dell'articolato resta così sospesa in una sorta di limbo, in bilico tra recupero della reale offensività della condotta fraudolenta e zone grigie di carente individuazione della fattispecie penale, con conseguenti margini di discrezionalità troppo ampi per l'interprete.

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