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lettera della terza carica dello stato

Boldrini ai deputati: il linguaggio parlamentare rispetti le identità di genere

I ruoli politici e gli incarichi amministrativi e istituzionali si possono e si devono declinare al femminile: la presidente, la deputata, la vicepresidente, la capogruppo, la ministra, la segretaria generale. La presidente della Camera, Laura Boldrini, ha inviato una lettera alle deputate e ai deputati perché negli interventi in Aula sia garantito il «pieno rispetto delle identità di genere», come raccomandano l’Accademia della Crusca e la Guida alla redazione degli atti amministrativi dell’Istituto di teoria e tecnica dell’informazione giuridica. Boldrini ha inoltre contattato la segretaria generale di Montecitorio perché lo stesso rispetto sia assicurato nella pubblicazione dei resoconti parlamentari. La lettera è stata resa nota durante l’incontro “Non Siamo Così. Donne, parole, immagini” promosso proprio dalla presidente della Camera, da sempre impegnata a evidenziare quanto l’immaginario e la lingua pesino sulla condizione delle donne. Immediata la reazione sul web: pioggia di commenti sul suo profilo twitter, proteste, insulti.

La lingua deve evolversi insieme al vissuto
«In questa legislatura - ha spiegato Boldrini - si registra il numero più elevato di deputate, circa il 30%, così come si riscontra un significativo numero di donne che rivestono cariche e ruoli istituzionali, prima ricoperti in via quasi esclusiva da uomini». Un’evoluzione del vissuto che impone «in modo più evidente rispetto al passato l’esigenza dell’adeguamento del linguaggio parlamentare» e non solo. La presidente ha attaccato il “benaltrismo”, la tendenza a sminuire denunciando che i problemi sono “ben altri”. «Qualcuno ritiene che sia superfluo parlare di linguaggio di genere: io ritengo che il tempo sia scaduto e che sia doveroso soffermarsi su questi temi. Il linguaggio è importante perché è il modo in cui percepiamo la realtà, usare una parola anziché un’altra vuol dire avere una percezione diversa». Boldrini, suffragata dalla linguista Cecilia Robustelli, ha anche smontato la critica secondo cui «dire la ministra è brutto»: «Quando si parla di ruolo di vertice delle donne si dice che è cacofonico, non si può sentire la ministra, la sindaca. Ma la società evolve, è giusto quindi che la lingua faccia tesoro del vissuto. Se per secoli le donne non hanno neanche potuto aspirare a un ruolo di vertice, il titolo è sempre stato declinato al maschile. E quindi sarebbe brutto dire la ministra, va benissimo invece dire la contadina o la maestra».

Fedeli: insulti confermano pesante sessismo
La vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli, ha subito aderito alla proposta: «Proporrò al presidente Pietro Grasso che anche al Senato si prenda l’iniziativa della lettera per adeguare il linguaggio, che è un grande segnale di cambiamento». Più tardi Fedeli ha aggiunto: «Ho scelto subito di schierarmi su quella lettera perché non avevo dubbi che ci sarebbe stata una valanga di reazioni negative e anche pesanti. Purtroppo, come hanno dimostrato le analisi qui illustrate, quando tu parli delle questioni che riguardano le donne la prima reazione pesante che c’è è essere contro, attaccando anche personalmente e denigrando. Spero di cominciare a vedere uomini importanti, con responsabilità, che reagiscono a questo sessismo e a questa modalità di aggressione quando si pone il tema della parità di genere».

La misoginia viaggia su twitter
D’altronde, è stata la costituzionalista Marilisa D’Amico a riproporre la “mappa dell’intolleranza” ricostruita da un gruppo di lavoro del progetto di Vox - l’Osservatorio italiano sui diritti: su 1,8 milioni di tweet offensivi, 1,1 milioni sono contro le donne, 150mila razzisti e oltre 100mila omofobi.

La pubblicità stereotipata offende tutti
Al convegno grande spazio è stato riservato alla pubblicità. Massimo Guastini, presidente dell’Art Directors Club Italiano, ha ricordato la ricerca “Come la pubblicità racconta le donne e gli uomini, in Italia”, che dimostra quanto sessismo viaggi con gli spot. «Bisogna lavorarci, perché quella pubblicità dello stereotipo anni 60 non ci restituisce più il ruolo che abbiamo nella nostra società», ha detto la presidente della Camera, a margine dell’evento. «Mi offende vedere come la donna non venga valorizzata, mi offende vedere come la donna viene considerata solo ed esclusivamente per il proprio corpo, mi offende vedere come non si restituisce alla donna il ruolo sociale, multiplo, che la donna svolge: in famiglia, nella società, lavorando, e tutto questo viene troppo spesso oscurato. Offende me ma credo offenda tutti».

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