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I dilemmi dell’impresa con e senza Iri

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il 23 marzo all’accademia dei lincei

I dilemmi dell’impresa con e senza Iri

L’appuntamento è per lunedì 23 marzo all’Accademia nazionale dei lincei. Quel giorno, a discutere de «La storia dell’Iri e la grande impresa oggi» ci saranno protagonisti e testimoni privilegiati di un pezzo importante di storia patria, come Giuliano Amato, Romano Prodi, Gian Maria Gros-Pietro. Ci saranno rappresentanti del mondo dell’industria e attuali responsabili della politica industriale: Claudio De Vincenti, Piero Gnudi, Antonella Mansi, Andrea Illy. Non mancheranno, ovviamente, gli storici dell'economia, come Lucio Villari, Guido Rey, Pietro Rescigno, Valerio Castronovo, Franco Amatori. Soprattutto, a introdurre la sessione “Passato e presente“ del convegno ci sarà il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco.

L’occasione è la pubblicazione dell’ultimo dei sei volumi dedicati all’Iri da Laterza editore, curato da Pierluigi Ciocca. Nel libro si richiama in primo luogo un giudizio in chiave storica sull’Istituto e si ricorda che fu il collasso industriale e bancario del 1931 a determinare la nascita dell’industria pubblica in Italia come una sorta di via obbligata, perché i grandi capitalisti di allora non erano in condizioni di riprendere il controllo delle imprese da risanare. In particolare, a chiusura della ricerca si esamina da vicino l’epoca post-92: una fase nella quale l’attività produttiva italiana, a parità di potere di acquisto, si è ridotta dal 3,4% del Pil mondiale (1992) al 2,1 per cento (2013). Un periodo durante il quale è stata bassissima nella nostra economia la produttività totale dei fattori, cioè il rapporto fra il prodotto e il risultato di una formula matematica che mette insieme tutti i fattori della produzione, cui gli esperti guardano per valutare il grado di progresso tecnologico di un sistema economico. Nell’Italia «senza l’Iri» rileva Ciocca, si è assistito a una carenza di grande impresa.

Questo, peraltro, non significa che si debba provare nostalgia per il tempo andato. Si tratterebbe di un sentimento fuori posto, come ha fatto notare di recente Yoram Gutgeld. «Erano belli gli anni 70 e 80 e pure gli Abba sono tornati di moda», ha scritto di recente il consigliere economico di Matteo Renzi. «Peccato che lo sviluppo economico di quegli anni, di cui l’Iri fu un perno centrale, era finanziato interamente con il debito pubblico, raddoppiato in rapporto al Pil nel giro di due lustri, portando il paese sull’orlo di un fallimento in salsa argentina. Le difficoltà enormi del Paese negli ultimi anni sono in gran parte un lascito della gestione scellerata di quel ventennio, che va naturalmente ben oltre la questione delle aziende pubbliche». Non solo. Come ha osservato qualche tempo fa Giorgio La Malfa: «Oggi le condizioni per ricostruire l’Iri di Beneduce e Menichella non vi sono». Tutto vero. La questione delle piccole aziende che non crescono e quella di un salto tecnologico che il paese non riesce a compiere, però, sono ancora lì.

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