Il 4 marzo sette presunti appartenenti al mandamento mafioso di Misilmeri-Belmonte Mezzagno, compresi vertici e reggenti, sono stati fermati da carabinieri del comando provinciale di Palermo, nell'ambito di un inchiesta della locale Dda. I reati ipotizzati, a vario titolo, sono associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione e minaccia aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose.
L'inchiesta si è avvalsa della collaborazione di imprenditori e commercianti che hanno ammesso di essere state vittime di estorsione. Gli arrestati nell'operazione, denominata “Jafar”, avevano anche pianificato il pestaggio di un commerciante e il sequestro di un albergatore che non aveva ceduto alla richiesta di pizzo: azioni violente ideate dai boss del mandamento di Belmonte Mezzagno (Palermo) e proprio per evitare l'escalation criminale e gli attentati la procura di Palermo ha disposto il fermo di sette persone. A quanto sembra, infatti, c'era che stava progettando perfino un omicidio. Lo ha rivelato il procuratore aggiunto di Palermo Leonardo Agueci, che ha sottolineato l'importanza della collaborazione delle vittime del racket del pizzo nelle indagini. «Siamo davanti a un mutamento culturale fondamentale», ha detto. «Rivolgiamo un appello accorato a chi subisce le pressioni degli estorsori: denunciate. Indagini come queste dimostrano che non ci sono vicoli ciechi. Chi si rivolge alle Forze dell'ordine ha sempre delle risposte», ha sostenuto il colonnello Giuseppe De Riggi, comandante provinciale dell'Arma
Finora i Carabinieri hanno accertato cinque estorsioni a commercianti e imprenditori che, però, hanno ammesso le richieste estorsive e dato un contributo rilevante alle indagini.
Non va dimenticato che il 27 gennaio i Carabinieri di Corleone e di Monreale hanno eseguito 4 arresti nell'ambito di una indagine antimafia fra Corleone, Palazzo Adriano e Villafrati. I provvedimenti sono il prosieguo dell'operazione “Grande Passo” che nel settembre 2014 colpì presunti esponenti delle famiglie mafiose. Un commerciante finito nel mirino del racket, titolare di un autosalone, ha confermato agli inquirenti la pressione delle cosche. La vittima è stata intercettata dai carabinieri mentre chiedeva uno sconto sul pizzo. Convocata dai carabinieri ha negato, come spesso accade, ma ha poi raccontato anni di soprusi e vessazioni. «E' un ottimo segnale – ha detto il comandante del gruppo Monreale Pierluigi Solazzo – i commercianti, già stritolati dalla crisi, non possono più sopportare anche la pressione mafiosa».
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