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Pd romano: la relazione intermedia di Barca

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Pd romano: la relazione intermedia di Barca

Ecco la Relazione intermedia di Barca, “Il Pd romano. Conoscerlo per ripartire”, elaborata da Fabrizio Barca, che ha avuto l'incarico dal Commissario del Pd di Roma Matteo Orfini , di procede alla mappatura del Pd romano. È stata pubblicata il 15 marzo 2015.

Il Pd romano. Conoscerlo per ripartire
«A circa tre mesi dall'inizio del lavoro, il gruppo di Mappa ilPd è a metà della ricognizione. Gli incontri con i circoli del Pd romano hanno finora restituito un panorama solo in parte prevedibile, che fa intravedere le opportunità e le sfide di un rinnovamento: i dati raccolti tramite questionario e intervista renderanno conto della varietà che va emergendo. Insieme alla relazione, troverete nel blog una mappa dei circoli visitati e soprattutto delle aree-circolo: un'approssimazione della sfera di responsabilità diretta di ogni circolo territoriale del Pd romano. Un'ipotesi di lavoro che è aperta al contributo dei circoli e alle loro segnalazioni.

Nella prima settimana di dicembre 2014 il gruppo Luoghi Idea(li) ha accettato l'incarico del Commissario del PD di Roma Matteo Orfini di realizzare una ricognizione profonda, una “mappatura” dei punti di forza e di debolezza dei singoli circoli PD della città di Roma. Della loro capacità di rappresentare i bisogni e le idee dei cittadini, specie della parte più vulnerabile della città; di attrarre giovani e competenze e di sollecitare l'impegno anche dei non iscritti; di adottare metodi nuovi di partecipazione e confronto; di costruire soluzioni da proporre a chi esercita funzioni di governo; di monitorare e sollecitare in modo autonomo l'azione pubblica; di essere organizzati. Ma anche della distanza dai cittadini e dai loro bisogni; della cattura da parte di interessi esterni; di come si costruisce un feudo; in virtù della volontà di controllo di quale area di politica pubblica (e come questo limita, indebolisce e inquina la vita dei circoli); o anche solo della rinunzia a un ruolo autonomo da chi governa; o di ripetizione di riti stanchi, non ospitali, noiosi, o dell'incapacità di organizzarsi.

Il programma di lavoro è stato pubblicato il 26 dicembre 2014. Dopo alcune audizioni preliminari, è stato costituito un gruppo di ricerca composto da 31 persone: oltre al gruppo Luoghi Idea(li), si tratta di ricercatori (e studenti) volontari dell'Università e di altre istituzioni, che hanno lavorato alla costruzione del questionario da sottoporre a 110 circoli territoriali. E' stata identificata una “perimetrazione di responsabilità” dei circoli territoriali stessi, che abbiamo chiamato area-circolo, e costruito una base dati per descrivere il contesto economico-sociale-demografico-elettorale di ognuna di queste aree. Poi è partita la rilevazione.

Fino a oggi sono stati effettuati oltre 40 incontri in altrettanti circoli (oltre alle 6 “interviste prova” in cui è stato testato il questionario): incontri che hanno come interlocutore il coordinatore e l'intero coordinamento (in media, 15 persone presenti). La verifica e la revisione di coerenza dei dati raccolti è iniziata. L'elaborazione dei risultati e la loro analisi avranno luogo nel mese di maggio, una volta concluso il ciclo di interviste. Gli esiti del lavoro saranno resi pubblici in formato di open data. Potranno dunque essere consultati e usati dal Commissario per le sue valutazioni e determinazioni, da tutti gli iscritti (vecchi e nuovi) come materiale per il Congresso che seguirà, dai cittadini tutti per formarsi un convincimento. Servirà in generale come strumento per quel “confronto aperto, acceso e informato”, che è la condizione per compiere scelte giuste.

Il monitoraggio quotidiano di quello che stiamo facendo si potrà seguire d'ora in poi sulla mappa del sito dove Roma è suddivisa nelle 110 aree-circolo.

I primi segnali: alla ricerca della strada giusta
L'adesione al progetto ha finora segnalato due fatti rilevanti.
La forte risposta di studenti e ricercatori delle diverse Università e istituzioni della città conferma, in primo luogo, l'interesse che il mondo giovanile ha per la “politica” quando questa è ospitale, professionale, aperta. Un partito che – come ha fatto il PD nel caso di Roma – sa affrontare una vicenda grave, investendo le proprie strutture non solo con provvedimenti rigorosi ma anche aprendosi all'analisi e interrogandosi su come riformarsi, attrae l'interesse anche di chi non ne condivide le scelte. E' un atto di “straordinaria normalità”. È un'occasione per apprendere.

Interessante è poi la reazione all'interno dei circoli. L'iniziale forte sospetto – “si svia sulla base un'indagine che dovrebbe riguardare i vertici” – tipico di un partito che (scottato da pessimi esempi) vede trame ovunque, e la chiusura – “ma cosa vogliono questi professorini?” – figlia dell'autoreferenzialità di comunità chiuse, appaiono scalfiti dalla franchezza dell'indagine. Guadagna consensi l'idea che l'intervista non sia mirata a cercare capri espiatori ma sia davvero volta a identificare, circolo per circolo, l'“idea (o idee) di partito” che quel circolo interpreta. La presenza di un “soggetto esterno” – gli intervistatori – appare come l'occasione per ingaggiare un confronto aperto attorno alla domanda: “ma nel quartiere il circolo a cosa serve davvero?”. Molti mantengono dubbi sull'utilizzo che si riuscirà davvero a fare dei risultati dell'indagine per ricostruire il PD romano. Ma l'impegno secondo cui la mappatura sarà restituita in modo pubblico e aperto, viene percepito come garanzia dell'equilibrio del lavoro e del fatto che tutti potranno interpretarla secondo i propri schemi.

Una cosa appare chiara. Nell'incertezza non solo italiana su come adattare la forma partito a una società in profondo cambiamento, e nella consapevolezza che guadagna adepti ogni giorno che il Pd ha bisogno di ridefinire il ruolo degli iscritti e la sua organizzazione territoriale, ogni collettivo dà e interpreta una risposta diversa. Per ricostruire il partito di Roma – e non solo – è necessario che queste risposte vengano alla luce e si confrontino in un rapporto a rete che è mancato in questi anni, mentre dominava l'uso pletorico degli organi assembleari. In questo confronto i peggiori saranno messi a repentaglio perché avranno difficoltà a reggere il confronto sul merito.

Il “partito buono” e il “partito cattivo”
Ma quanto “partito buono” e “partito cattivo” abbiamo sinora scoperto? È una domanda a cui non è possibile rispondere fino a che non avremo intervistato l'ultimo circolo e riletto l'insieme dei risultati: “nulla è chiaro finché non è tutto chiaro”.
Il motivo è semplice. Nel documento di avvio del lavoro abbiamo definito “buono” e “cattivo” in base a cinque caratteri: ospitale o autoreferenziale; che lotta o che traffica per gli interessi dei cittadini; che controlla/stimola o copre gli amministratori pubblici; che mette in una casa di vetro i candidati o li “vende senza garanzia”; che interpreta nei territori le scelte nazionali o ne “chiacchiera”. Bene. Come era prevedibile, nella realtà dei fatti questi caratteri si mescolano con gradi e forme diverse, dando vita a molte tipologie: ogni intervista aggiunge informazioni indispensabili per capire questi tipi, per evitare l'errore di facili catalogazioni. E' poi emersa la necessità di arricchire i caratteri con due tratti: esiste o non esiste un'organizzazione? (Sì, perché in alcuni casi non esiste). E, se esiste, si tratta di un'organizzazione adeguata ai tempi?

Certo, si vanno delineando, a un estremo, i tratti di un partito non solo cattivo ma pericoloso e dannoso: dove non c'è trasparenza e neppure attività, che “lavora per gli eletti” anziche' per i cittadini e dove traspaiono deformazioni clientelari e una presenza massiccia di “carne da cannone da tesseramento”. Ma bisogna essere attenti a distinguerlo dal partito che subisce inane lo scontro correntizio, le scorribande dei capibastone, e che svolge un'attività territoriale, ma senza alcuna capacità di raggruppare e rappresentare la società del proprio quartiere.

Certo, si trovano, all'altro estremo, i segni di un partito davvero buono, che esprime progettualità, capacità di raggruppamento e rappresentanza, che ha percezione della propria responsabilità territoriale, sa agire con e sulle istituzioni, è aperto e interessante per le realtà associative del territorio e sa essere esso stesso associazione (inventando forme originali di intervento), informando cittadini, iscritti e simpatizzanti. Al contempo bisogna essere attenti a distinguerlo dal partito che lavora sodo e ha quegli obiettivi, ma a cui manca il metodo moderno per farcela, una tipologia difficile da valutare e che, per il peso delle correnti e di una logica generale di assoggettamento del partito agli eletti, ad alcuni potrebbe addirittura apparire come un “partito cattivo”.

E poi emerge una sorta di partito dormiente, dove si intravedono le potenzialità e le risorse per ben lavorare, e dove il peso di eletti e correnti è sfumato, ma che si è chiuso nell'autorefenzialità di una comunità a sé stante, poco aperta all'innovazione organizzativa, al ricambio, al resto del territorio. E qui l'analisi dei risultati che stiamo trovando dovrà essere ancor più attenta. Se infatti il partito romano che questa indagine può aiutare a costruire nascerà dalla messa in rete e, quando opportuno, dall'accorpamento delle realtà che “hanno qualcosa di utile da mettere in campo”, si dovrà essere attenti a dare forza e voce e strumenti di rete a ogni risorsa che possa contribuire al cambiamento. Ma senza imbarcare tutto.

Qualche esempio, ancora
I sintomi del “buono” e del “cattivo” spesso si nascondono nelle pieghe del confronto. Può accadere, ad esempio, che un circolo stia impiegando metodi innovativi ma che non ne abbia piena consapevolezza, vittima di un racconto distorto di quel che è “fare politica”. Viceversa, un partito consapevolmente in malafede può simulare, immaginando di sapere come sia opportuno apparire. Ed è lì che ci si può imbattere in direttivi improvvisati, bacheche appese all'ultimo minuto o locandine seriali create per l'occasione.
Situazioni a dir poco particolari si possono fotografare già in occasione della prima telefonata di contatto: lì c'è infatti chi “provace a venì qui che poi vedemo”, chi “ho da fare fine a primavera”, ma anche chi … “finalmente ci avete chiamato!”.

Le vere sorprese arrivano però con gli incontri: dalle realtà da “200 tessere in due ore” a quei circoli talmente schiacciati sull'amministrazione (Municipio o Comune che sia), da esser orfani di un pensiero proprio, ben lungi dal ruolo di “pressione” che dovrebbe caratterizzare il lavoro del partito. E' lì che la filiera degli eletti viene allora alla luce nei comportamenti remissivi di alcuni, in perfetto stile “burocrazia romana”. Magari convivendo nello stesso luogo con l'impegno convinto di altri iscritti, dove l'intenzione di ben lavorare è inequivocabile … perché “nonostante tutto, io non mi rassegno mica”.
E se in alcuni casi (pochi) si presentano gruppi a tal punto coesi (“un sol uomo”) da rendere più ardua la conoscenza dei fatti, in molti altri il confronto interno appare vivace. Si tratta allora di distinguere fra la discussione di merito, accesa e informata (su come “cambiare le cose”), e la disfida fra filiere correntizie. L'indagine in corso sta cercando di gettare luce anche su questo controverso confine.

Siamo partiti da alcune audizioni
Prima di partire abbiamo ascoltato gli ultimi tre segretari del Partito Democratico di Roma: Riccardo Milana, Marco Miccoli e Lionello Cosentino. Gli incontri hanno aiutato a ricostruire modalità, tempi e ragioni del collasso del Partito Democratico romano. Sono state discusse le fasi di questo lungo processo: la gestione della fusione fredda di Margherita e Democratici di Sinistra di Roma (dei gruppi dirigenti e delle realtà territoriali), la riorganizzazione del partito romano e l'impatto su di esso di vicende locali e nazionali, l'arresto progressivo delle funzioni di coordinamento centrale e il tentativo recente di riorganizzazione. Ci è servito per entrare nel ruolo.

Il gruppo di lavoro: volontariato e professionalità
Il gruppo di lavoro di Mappailpd (vedi Allegato 1) è stato formato in due fasi: dall'11 dicembre al 23 dicembre 2014 e nella seconda metà di gennaio. Con esclusione del gruppo di coordinamento, le risorse coinvolte nel progetto di mappatura sono tutte forze volontarie. Si tratta di esperti di risorse umane, organizzazione aziendale, urbanistica, comunicazione, coordinamento organizzativo, economia, ricerca sociale, statistica, geografia.

Il questionario da vicino
Il questionario è il principale strumento di rilevazione a disposizione di Mappailpd. E' composto da 49 domande principali (e ulteriori domande secondarie e di “specifica”), suddivise in sei aree.
1.vita del circolo: dimensione economica, di partecipazione, di apertura al pubblico e agli iscritti; andamento del tesseramento; composizione del coordinamento;
2.attività politica generale: analisi quantitativa e qualitativa delle iniziative svolte nel biennio 2013/2014 su temi territoriali, nazionali e internazionale; collaborazione con altri circoli territoriali e associazioni locali;
3.elezioni e congresso: analisi del voto delle comunali del 2013 e delle iniziative elettorali; analisi del Congresso cittadino;
4.lavoro nel territorio e progetti: le attività progettuali rivolte in modo specifico a migliorare la qualità di vita del territorio;
5.rapporto con l'amministrazione pubblica: analisi delle modalità attraverso le quali il partito territoriale raccoglie, elabora e “restituisce” alle amministrazione le domande dei cittadini;
6.domande aperte: spazio “semi-aperto” di discussione sul partito.
Nella conduzione delle interviste i gruppi di intervista si avvalgono di una Scheda-circolo prepreparata che contiene informazioni quantitative e qualitative (cfr Allegato 2).

Ma cosa sono le aree-circolo?
La stessa ragione d'essere del “partito del territorio” sta nella missione di raggruppare e rappresentare i cittadini del territorio attorno ai propri valori e alla propria visione di cambiamento possibile, non solo del paese ma del “luogo” in cui il partito del territorio opera. E' un compito da realizzare ogni giorno, nella vita quotidiana, per far pesare i cittadini sulle decisioni pubbliche. E poi, su questa base, da attuare al momento del voto per convincere i gruppi rappresentati a dare al partito il consenso elettorale.

Non a caso, dunque, ogni circolo territoriale del PD ha fra i suoi compiti la “responsabilità elettorale” di un certo numero di “sezioni elettorali”, alle quali corrispondono liste di cittadini che vivono in determinate strade (o porzioni di strada) della città. Quindi ogni circolo territoriale del PD ha la responsabilità anche formale di una porzione di territorio, secondo le attribuzioni individuate anni fa dalla Federazione romana. Per comprendere quello che un circolo fa davvero e come, è dunque necessario capire se e come si cala in questo territorio. Se questa responsabilità non è avvertita, se i confini del “territorio di responsabilità” sono confusi o limitati rispetto all'incarico, è già questo un segno del venir meno della funzione del partito territoriale. Così come una responsabilità che appaia debordare dai confini segnati dall'incarico ricevuto indica problemi nel disegno cittadino del partito.

Ogni ricostruzione del PD e ogni ridisegno della sua mappa deve dunque passare per questa lettura territoriale, per un'eventuale ridefinizione dei confini territoriali di responsabilità. Per queste ragioni, grande impegno è stato posto nell'approssimare al meglio delle informazioni disponibili le aree-circolo, ossia le aree di responsabilità elettorale e territoriale del circolo, così da rappresentarle in modo geo-referenziato sulla mappa di Roma e di potere ricostruire per ognuna di esse la base-dati del contesto demografico-sociale-economico-elettorale. Anche questa base-dati verrà rilasciata in formato aperto in primavera.

Nel Rapporto finale si darà conto in modo dettagliato di questo lavoro di ricostruzione, che ha dovuto accettare molte approssimazioni dovute al fatto che le perimetrazioni relative ai diversi dati disponibili (2600 sezioni elettorali; 12.000 sezioni censuarie, 155 zone urbanistiche, indirizzi stradali delle scuole) non hanno potuto sempre essere associate le une alle altre:

* Da un lato si è partiti dall'attribuzione a ogni circolo territoriale di un elenco di sezioni elettorali (correggendo alcune incongruenze trovate).
* Dall'altro si è fatto riferimento alle zone urbanistiche, che sono una ripartizione dei municipi di Roma Capitale, a fini statistici e di pianificazione e gestione del territorio, secondo criteri di omogeneità dal punto di vista urbanistico, i cui confini sono individuati lungo le soluzioni di continuità più o meno marcate nel tessuto urbano. (si veda la Deliberazione del Consiglio Comunale n. 2982 del 29-30 luglio 1977, “Suddivisione del territorio comunale in zone urbanistiche di riferimento”).
* A ognuna di queste zone è possibile attribuire sia un elenco di sezioni censuarie, sia un elenco di scuole.
* Per ogni circolo, si è quindi determinata un'associazione di massima delle zone urbanistiche (dotate di confini georeferenziati) all'insieme delle sezioni elettorali “rappresentate” da quel circolo, determinando in tal modo l'area-circolo. In taluni casi un'area circolo è composta da più zone-urbanistiche. In altri casi una zona urbanistica è ripartita fra più aree-circolo: in questo secondo caso la mappa delle aree-circolo è comunque fedele (nei limiti dell'approssimazione possibile) alla rappresentanza elettorale».

Allegato 1 - Membri del gruppo di lavoro

Allegato 2 - Scheda preparatoria per intervista

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