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Spari al congresso di Magistratura democratica

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Spari al congresso di Magistratura democratica

  • –Donatella Stasio

IL GUARDASIGILLI

«La riforma delle intercettazioni camminerà con il ddl sul processo penale.

Chiuderemo entro l’anno, poi i contenuti nei decreti delegati»

REGGIO CALABRIA

Andrea Orlando sta ancora stringendo mani e raccogliendo complimenti quando, fuori dal teatro Cilea di Reggio Calabria, dov’è in corso il XX Congresso di Md, esplodono due spari. Fausto Bortolotti, 61 anni, bergamasco, residente a Ventimiglia, ha premuto il grilletto della sua 7,65. Ha sparato in aria dall’interno di un vecchio fuoristrada sul quale stava attraversando Corso Garibaldi, teoricamente chiuso al traffico. Attimi di panico ma, prima la scorta del guardasigilli, poi i carabinieri lo bloccano e lo arrestano. Uno squilibrato, un atto dimostrativo contro la giustizia, stando ai primi accertamenti che rimbalzano al congresso, dove l’intervento del ministro è stato il clou della mattinata e ha suscitato l’apprezzamento entusiastico delle “toghe rosse”. «Un intervento politico intenso, di altissimo livello, che ci ha scaldato il cuore», ha chiosato Anna Canepa, segretario di Md, nel ringraziare Orlando, rimasto a Reggio anche nel pomeriggio. Giusto in tempo per ascoltare un paio di voci meno entusiastiche, quelle di Ezia Maccora e di Claudio Castelli, Gip rispettivamente a Bergamo e a Milano, secondo cui con questo governo non c’è stato «alcun cambio di rotta» nell’aiutare i magistrati nella tutela della legalità ma solo «atteggiamenti sprezzanti» verso le toghe e «risposte drammaticamente inadeguate» rispetto alla gravità della situazione.

Quando Orlando arriva a Reggio, in tarda mattinata, ha già parlato Susanna Camusso, segretario Cgil, spendendo parole dure sulle «priorità» del governo: «Ci sconcerta che si continui a dire che l’anticorruzione è la priorità e poi sono due anni che si discute se farla o no. Non si sono avuti tanti scrupoli nel cancellare i diritti dei lavoratori. Due pesi e due misure». Sul palco si stanno confrontando professori, magistrati e giornalisti sulle riforme penali in Parlamento: corruzione, prescrizione, intercettazioni. Queste ultime rilanciate dalla notizia, fresca di stampa, di una proposta che punisce con il carcere la pubblicazione di intercettazioni penalmente irrilevanti, messa a punto dalla commissione insediata a Palazzo Chigi e presieduta da Nicola Gratteri, Procuratore aggiunto a Reggio, che Matteo Renzi avrebbe voluto come ministro della Giustizia. Gratteri è al congresso di Md e, a chi glielo chiede, conferma quel testo, inserito in una più ampia proposta sulla criminalità, oggetto di riflessione con Orlando. Il quale, però, esclude ripetutamente che il carcere diventi la sanzione contro i giornalisti, non foss’altro perché la delega sulle intercettazioni (contenuta nel ddl sul processo penale alla Camera) non lo contempla. Una, sia pure indiretta, presa di distanza dall’impostazione-Gratteri. «In quel testo - aggiunge - ci sono però punti interessanti che meritano attenzione, per esempio sull’udienza-stralcio», quella in cui si dovrà decidere quali intercettazioni inserire nei provvedimenti e quali, invece, secretare. Questa sarà l’unica novità sulle intercettazioni «e non credo - dice alla platea del congresso - che sia una norma contro magistrati o giornalisti». Quanto ai tempi e ai modi di approvazione, conferma che la riforma camminerà con il ddl sul processo penale, che il governo intende approvare entro fine anno, per poi riempire la delega di contenuti.

Il guardasigilli definisce «stucchevole» il dibattito sulle «priorità» poiché «tutte sono state messe sul tavolo a giugno e tutte saranno portate al traguardo». A Massimo Donini, ordinario di diritto penale a Modena, critico con il governo che fa del «populismo penale» aumentando a 6 anni il minimo della pena per la corruzione e «non ha un disegno organico di riforma», risponde che non vorrebbe mai fare una riforma organica, ad esempio, del Codice penale, in una legislatura come questa «in cui convergono forze politiche molto diverse. Il massimo che si può fare è razionalizzare». Difende il governo sulla responsabilità civile perché ha evitato il peggio (responsabilità diretta) e dice ne «monitorerà» l’applicazione per evitare «un uso temerario»; rivendica una serie di misure per migliorare l’organizzazione (concorsi, assunzioni, fondi); esclude che la riforma della prescrizione sia un compromesso e dice che il problema si risolverà solo in funzione di ciò che si farà sul processo penale. E poi chiede a Md di cambiare, di diventare «protagonista» nella battaglia culturale comune per sconfiggere la «propaganda» sull’uso simbolico del diritto penale e per delimitarne il perimetro. «Vorrei che il ministero della Giustizia diventasse il ministero dei diritti - dice - e possiamo farlo in una stagione economica e sociale migliore, che già si intravede». Applausi, strette di mani, complimenti, ma anche scetticismo e dissenso.«Ministro, la sua correttezza e il suo sforzo ci hanno convinto, ma non del tutto. Ci aspettavamo altro. Anzitutto lealtà. Il modo in cui sono state spacciate alcune riforme dà il senso a quelle riforme - ha detto Maccora, citando gli slogan e i tweet sulla responsabilità civile -. Il senso delle istituzioni noi lo abbiamo ma deve essere reciproco». E Castelli: «Sono imbarazzato per lo scarto tra quel che ci ha detto e quel che vediamo». E con questo uno-due, inaspettato dopo il successo della mattina, Orlando torna a Roma.

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