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L'evoluzione dell'inchiesta attenua l'allarme derivati

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L’analisi

L'evoluzione dell'inchiesta attenua l'allarme derivati

La richiesta di archiviazione della Procura di Roma a conclusione dell'indagine su un contratto derivato stipulato dal Tesoro nel 1994 smorza l' “allarme derivati” sui conti pubblici, un allarme che scatta automaticamente ogni qual volta la magistratura accende i riflettori su questi strumenti complessi usati dal Tesoro come copertura contro il rischio di mercato, per proteggere le casse dello Stato contro le oscillazioni avverse di tassi cambio o d'interesse.

Se, come nelle attese, la richiesta di archiviazione verrà accettata dal giudice delle indagini preliminari, si smonterà anche l'ipotesi di manipolazione del mercato, truffa aggravata e abuso d'ufficio, verrà meno la presunta “incompetenza” dei responsabili della pubblica amministrazione,tra i quali Maria Cannata, e l'esistenza di un complotto tra S&P's e Morgan Stanley per incassare i 3,1 miliardi dall'estinzione anticipata.
L'allarme derivati non fa stare tranquillo il cittadino già in pena per gli oneri di un debito pubblico monstre da 2.160 miliardi. Oltre alle aste da450 miliardi l'anno, e agli interessi sul debito che annualmente orbitano attorno al 4%, del Pil i contribuenti non sono disposti ad accettare uno Stato che si accolla “perdite” da derivati, come se fosse un giocatore d'azzardo. Ma è proprio questo il punto: i derivati sono protezione non speculazione e non esistono “perdite” dovute ai derivati che sono una forma di assicurazione contro i rischi finanziari a fronte della quale si paga un premio.

Il Tesoro lo scorso lunedì ha collocato in asta BTP decennali impegnandosi a pagare un rendimento dell'1,34% per i prossimi dieci anni: se tra un anno i BTP dovessero rendere sul secondario sotto l'1%, questo non equivarrebbe a una perdita sui BTP emessi un anno prima. Se i tassi dovessero salire oltre l'1,34%, non si parlerebbe di profitto. Così per i derivati: il valore di un derivato, negativo o positivo, varia costantemente in base all'andamento del mercato, se è convenuto farlo o meno si può stabilire solo a chiusura, rapportando il derivato all'intero stock del debito e agli interessi sullos tesso.
Anche le cifre dei derivati del Tesoro sanno di falso allarme. A fine febbraio, i titoli di Stato in circolazione erano 1.817 miliardi. Al 31 dicembre 2014 il Tesoro possedeva un portafoglio derivati pari all'8,95% del totale dei titoli di Stato, con valore nozionale (i titoli di debito sottostanti ai derivati) di 159,586 miliardi e un mark-to-market negativo di 42,064 miliardi: se i derivati con valore negativo fossero chiusi anticipatamente al momento della rilevazione del m-t-m, (cosa impossibile)il Tesoro sarebbe tenuto a sborsare 42 miliardi. Ma è un calcolo potenziale. Inoltre i contratti con estinzione anticipata in essere hanno mark-to-market negativo per 9,3 miliardi, che scende a 2,7 per quelli esercitabili tra il 2016 e il 2018 . Infine, a ogni “perdita” bisognerebbe scontare il “guadagno” del Tesoro per tutti gli anni di vita passata dei derivati in portafoglio.

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