Italia

Italicum in commissione alla Camera. Boschi: «Non necessita di…

  • Abbonati
  • Accedi
legge elettorale

Italicum in commissione alla Camera. Boschi: «Non necessita di modifiche». Ma la minoranza Pd insiste

«Dal punto di vista del Governo la legge è corretta, funziona, va bene e non necessita di modifiche». La ministra per le Riforma Maria Elena Boschi, al termine della seduta della
commissione Affari costituzionali della Camera dove è stato incardinato il disegno di legge di riforma della legge elettorale, ha confermato che sull’Italicum l’Esecutivo tira dritto. Anche se la minoranza Pd insiste: «Il Governo tenga aperta la porta del dialogo».

Boschi: dialogo aperto ma presupposti per procedere
La ministra non ha chiuso. «Teniamo sempre aperta la porta al dialogo - ha detto - e credo che la settimana prossima ci sarà l’occasione per confrontarsi all'interno del gruppo parlamentare. Ma ma siamo in una fase delicata, potremmo avere l’opportunità di approvare la riforma nel giro di qualche settimana, è giusta la riflessione al nostro interno ma ci sono tutti i presupposti per poter procedere e andare avanti». Boschi ha ricordato sia la scadenza del 27 aprile per l’avvio della discussione generale in Aula a Montecitorio, sia il fatto che «la direzione si è già espressa, dando un indirizzo». E ha anche considerato «prematuro» parlare di sostituzioni all’interno della Commissione, senza però escluderlo.

Il relatore Migliore: «Vorrei approvarla così com’è»
«Abbiamo un’occasione storica: approvare una buona legge elettorale», ha commentato il relatore Gennaro Migliore (ex Sel transitato nel Pd). «Ogni modifica porterebbe a un allungamento dei tempi che comprometterebbe il risultato». Migliore ha però precisato che terrà distinti i due ruoli: «Come esponente del Pd io sosterrò quello che decide il partito e la voterò così come è, ma da relatore esaminerò con scrupolo e coscienza ogni proposta di modifica».

Speranza (Area riformista): Renzi riapra il dialogo
«Area Riformista», la componente del Pd del capogruppo alla Camera Roberto Speranza, ha lanciato proprio stamane un ultimo appello a Matteo Renzi in occasione dell’avvio in commissione dell’esame dell'Italicum. «Renzi riapra il dialogo sulla legge elettorale perché il Pd non può permettersi ora una rottura», è la richiesta al premier-segretario contenuta nel documento elaborato dall’ala più dialogante della minoranza del partito, che chiede che il confronto rimanga aperto e punta a convincere il premier almeno sulla modifica dei capilista bloccati.

La minoranza: «Si eviti frattura nel Pd»
«Il Governo - si legge nel documento - ha tra i suoi compiti fondamentali la riforma costituzionale e quella elettorale. Le riforme rappresentano un elemento di constituency della sfida che il Pd ha lanciato al Paese». Ma dopo la rottura del «Patto del Nazareno», da parte di Forza Italia «all’orizzonte si profila un altro, enorme rischio: una frattura dentro il Pd». Questa rottura, ammonisce la minoranza Pd “dialogante” «non possiamo permettercela». Di qui l’invito a riflettere «senza fermarci», perché «le riforme devono poggiarsi su un terreno largo». Ma questo terreno «si è già ristretto» perché «è solo la maggioranza a fare le riforme. E se anche un pezzo del Pd non ci sta, rendiamo quel disegno essenziale più debole e non più forte». Per Area riformista «c’è ancora uno spazio possibile per trovare un’intesa». L’esigenza prioritaria è «ridurre il numero dei nominati tra i partiti che non prendono il premio di maggioranza».

Civati: «Non voto l’Italicum e spero che lo facciano anche gli altri»
Conferma la sua netta contrarietà all’Italicum il deputato Pd Pippo Civati, che riepiloga i suoi voti contrari: «Personalmente ho già detto che non darò il mio voto alla legge elettorale, come è già capitato in passato sul Jobs Act (ho votato no), lo Sblocca Italia (ancora no), la riforma costituzionale e la stessa legge elettorale passata per la prima volta alla Camera giusto un anno fa (in entrambi i casi non partecipai al voto, presentando e votando in aula gli emendamenti che andavano a modificare profondamente il testo presentato, praticamente in solitudine). Spero che lo stesso facciano anche altri, consapevolmente e in coerenza con quanto affermato nelle settimane passate. Sarebbe ora».

Renzi contrario a modifiche
Ma Renzi, come traspare anche dalle parole di Boschi, sembra impermeabile alle richieste della minoranza, anche di quella più dialogante, alla quale ha pure riconosciuto la serietà delle proposte di modifica avanzate. Il premier vuole che entro i primi di maggio (prima delle elezioni regionali) - è il timing votato dalla direzione del partito il 30 marzo scorso – la riforma elettorale sia votata in via definitiva. E dunque senza le modifiche che costringerebbero a tornare in Senato, dove i numeri per la maggioranza sono risicatissimi. Insomma per il Governo la questione è chiusa. Renzi ha messo una fiducia di fatto sull’Italicum, facendo intendere che un fallimento alla Camera porterebbe da parte sua alla fine della legislatura e del percorso riformatore. E la fiducia, quella vera, non è neanche esclusa dal governo anche se tra Palazzo Chigi e Largo del Nazareno sono convinti che il Pd e la maggioranza terranno e che non sarà necessario ricorrere a questo atto di forza.

Fi: è un Florentinum pericoloso
Dal canto suo, Forza Italia non è monolitica. «Credo che nessun provvedimento possa dirsi blindato in Parlamento», ha detto Francesco Paolo Sisto, presidente della commissione Affari costituzionali. «In una democrazia parlamentare c’è una discussione, un approfondimento, un lavoro di commissione e di Aula. La libertà di ciascun deputato è capace di manifestarsi nelle forme del voto favorevole, contrario o dell’astensione. Forza Italia valuterà volta per volta, emendamento per emendamento, articolo per articolo, quanto il nuovo testo sia compatibile con il suo Dna». Più duro il Mattinale, la nota politica diretta dallo staff del gruppo azzurro alla Camera: «Questo Florentinum che arriva alla
Camera è pericoloso. Lo è tanto più in combinazione con la riforma costituzionale che contempla la riduzione del Senato a un dopolavoro turistico di cento consiglieri e sindaci. Non c’entra nulla con l’Italicum. Mano a mano si è trasformato in un vestito su misura per il consolidamento in regime dello status attuale delle cose in Italia: un fiorentino solo al comando». .

© Riproduzione riservata