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«Odiavo i velisti», di Cino Ricci

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il libro

«Odiavo i velisti», di Cino Ricci

«Lascio l'anonimo palazzotto grigio di corso Marconi 10. Piove, cade una pioggerellina fitta fitta. Gli ippocastani sono luci di di gocce e riflettono le luci delle finestre. Dove ho messo la macchina? È una Renault famigliare verde bottiglia.

Sono immerso nel buio invernale di Torino. È il 1981, febbraio. Mi chiamo Cino Ricci, ho quarantasette anni, con mio fratello ho un'impresa di costruzioni che lavora in tutto il mondo, ma io sono essenzialmente un regatante. Anche abbastanza conosciuto, nel mio ambiente. Essenzialmente, perché in questi anni la vela è soprattutto passione e non ti dà da vivere. Vado a fare regate dappertutto, le barche non sono mie, ma a bordo sono io che comando.

Non vedo nulla di quanto ho attorno. Potrebbe essere anche estate ed esserci un sole così, che non me ne accorgerei. Non ho mai dato molta importanza alle circostanze secondarie, agli orpelli, alle chiacchiere. Al colore. Sono sempre andato dritto all'obiettivo, fregandomene di tutto il resto. Non m'interessa, non ricordo… In questo caso, però, è l'emozione che mi acceca. Un'emozione intensa, che mi fa battere il cuore all'impazzata.

Sento i colpi, sono come quelli di un martello. Qui, nel petto.

Sono appena uscito dall'ufficio di un'icona, dell'uomo più potente d'Italia, del presidente della Fiat. Altro che palazzotto anonimo. Ho appena lasciato l'Estoril di un re. Stanze in cui sono passati industriali, politici, manager, dirigenti, sindacalisti, giornalisti. Sale che hanno assistito a decisioni aziendali strategiche: acquisizioni, vendite, bilanci, ricapitalizzazioni e chissà cos'altro. Anche oggi in questi uffici è stata presa una decisione importante. Una decisione che mi tocca da vicino. Una scelta che, ne sono conscio, rigirerà la mia vita come un calzino. Spazzerà via tutto quello che ho, che ho fatto, che mi sta vicino. E io sono pronto a gettare via tutto.....»

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