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A vincere sono i fondi «stranieri»

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A vincere sono i fondi «stranieri»

A guardare la carta d'identità dei fondi comuni la rinascita del risparmio gestito in Italia batte bandiera straniera: la maggior parte delle sottoscrizioni, infatti, si firmano oltreconfine. A marzo i fondi stranieri hanno raccolto 11,6 miliardi contro i 3,9 miliardi dei fondi domiciliati nel nostro Paese. In realtà, si tratta di una questione di carta d'identità dei prodotti, dettata dalla convenienza fiscale, perché la spinta al settore resta tricolore ed è forte dai grandi gruppi bancari e assicurativi che sono tornati a proporre in modo massiccio soluzioni di risparmio gestito ai propri clienti.

«Le banche sono interessate a vendere i prodotti di risparmio gestito che offrono buone commissioni per compensare il calo dei margini da interesse dovuto al ribasso dei tassi – spiega Michel Pelosoff, amministratore delegato di Amundi Sgr -. E i risparmiatori tornano al risparmio gestito perché gli investimenti diretti non danno più rendimento. Infatti, la parola di quest’anno per l'industria è flessibilità». Il gruppo Amundi, grazie ai fondi flessibili e a cedola, ha raccolto 1,3 miliardi a marzo e 2,9 miliardi da gennaio.

La sfida per l’industria è mantenere la fiducia dei clienti. L’incertezza domina sui mercati e i molti strumenti obbligazionari collocati nei mesi passati a risparmiatori tradizionalmente propensi a investire sul reddito fisso, e a percepire cedole periodiche, rischiano di deludere le aspettative, come è avvenuto in passato.

I gestori sono comunque ottimisti e affermano che l'approccio dei collocatori è più attento a rendere consapevoli gli investitori. «Bisogna ricordare al cliente che gli investimenti diversificati hanno bisogno di un orizzonte temporale diverso dal classico investimento sui BoT – sottolinea Tommaso Corcos di Eurizon Capital -. La percezione del rischio può essere percepita più alta di quella reale in un momento favorevole dei mercati, ma noi gestori lavoriamo molto con le reti di distribuzione per far fronte alle esigenze dei clienti e abbiamo investito molto sull'assistenza e sui servizi per la rete».

Ancora più ottimista è Sergio Trezzi di Invesco, che vede grandi prospettive per l’industria del risparmio gestito, da sfruttare con consapevolezza dalle case di gestione: «Possiamo costruire il terzo pilastro del mondo finanziario italiano, a patto di capitalizzare la crescita degli ultimi tre anni; il risparmio gestito è la soluzione alla ricerca di rendimento degli investitori, perché i tassi sono bassi, le banche devono fare i margini e la normativa ha bandito i prodotti troppo complessi, mentre i fondi vincono in trasparenza e liquidità. L'importante è che l'intera catena, dalla produzione alla distribuzione, faccia raccolta nell'interesse del cliente finale».

La raccolta, nell'opinione dei protagonisti del settore, è destinata a correre anche in futuro, sebbene non necessariamente a questi ritmi elevati. «Bisogna anche considerare che il contesto di bassi tassi di interesse rende tutti i tipi di investimento tradizionali poco appetibili, anche i conti correnti – sottolinea Cinzia Tagliabue di Pioneer -, e la liquidità deve trovare un'allocazione; le aste dei titoli di Stato sono meno attrattive e il risparmio gestito è lo sbocco naturale per i risparmiatori».

Focus sulla distribuzione, assistenza al cliente, è questa la via individuata dalle società di gestione per consolidare i loro successi. Altrimenti il rischio è che vengano venduti prodotti che al risparmiatore sembrano appetibili per i risultati passati, come quelli obbligazionari, quando la discesa dei tassi è ancora fresca. Per questo Piermario Motta, a.d. di Banca Generali, si auspica che le commissioni dei fondi siano commisurate alla loro performance, e non applicate sulla compravendita.

Lo scorso mese, il valore aggiunto dai gestori alle masse è stato di 20 miliardi, che sommati ai 22,7 miliardi di nuovi flussi di hanno accresciuto il patrimonio totale del settore a oltre 1.700 miliardi.

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