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Roma quasi sola contro i trafficanti di esseri umani

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la ue ha preso tempo

Roma quasi sola contro i trafficanti di esseri umani

Nonostante l'ottimismo mostrato da Matteo Renzi dopo l'incontro con il segretario generale Ban ki-moon, l'Onu non avvallerà un’operazione militare italiana tesa a distruggere i barconi dei trafficanti. Sul tema anche la Ue ha preso tempo affidando un mandato esplorativo a Federica Mogherini impegnata a sottolineare che l’azione allo studio «non è un intervento militare», anche se per attuarla «bisogna ottenere un mandato dell'Onu, in ogni caso nel rispetto del diritto internazionale e in cooperazione con la Libia».
Nel giorno in cui il governo islamista di Tripoli ha respinto la bozza di accordo proposta dall'inviato dell'Onu, Bernardino Leon, Ban ki-moon ha citato la missione europea contro la pirateria somala ”Atalanta” come esempio per la soluzione della crisi libica.

Un paragone che sul piano militare non regge il confronto (per sconfiggere i pirati è stato necessario imbarcare guardie armate sui mercantili) con un’operazione che in ambito Ue si vorrebbe definire “di polizia” ma da affidare a mezzi e reparti militari. L'impasse degli organismi sovranazionali potrebbe indurre l’Italia a muoversi da sola per contrastare i trafficanti. Dalla caduta del regime di Gheddafi altri Paesi hanno già agito militarmente in Libia senza chiedere permesso. Gli statunitensi hanno catturato esponenti di al-Qaeda mentre gli algerini, senza troppo clamore, hanno colpito in più occasioni basi qaediste nel sud ovest libico. L'Egitto ha scatenato una campagna militare con raid aerei e incursioni delle forze speciali su Derna (“capitale” dello Stato Islamico in Libia) e secondo fonti israeliane altri attacchi egiziani sembrano imminenti e potrebbero coordinarsi con eventuali iniziative italiane dopo la telefonata tra Renzi e il presidente Abdel Fattah al-Sisi di ieri mattina.

«Fermare i trafficanti di esseri umani per evitare una catastrofe umanitaria è una assoluta priorità», ha detto Renzi ma i raid tesi a distruggere i barconi potrebbero risultare insufficienti e comportano il rischio di provocare vittime civili e di coinvolgere truppe italiane e in battaglie contro miliziani libici. Anche l'obiettivo di sigillare le frontiere meridionali libiche con la collaborazione dei Paesi del Sahel non sembra praticabile in tempi brevi per l'inadeguatezza delle forze militari del Niger già alle prese con diversi gruppi jihadisti.

L'opzione più efficace per bloccare i flussi migratori e azzerare il giro d'affari dei trafficanti è quella dei “respingimenti assistiti”. Con i mezzi già schierati nel Canale di Sicilia per l'operazione Mare Sicuro, la Marina militare potrebbe fermare i barconi appena salpati riportando i migranti sulla costa libica in sicurezza grazie all'impiego di mezzi da sbarco della nave San Giusto e alla scorta di Fucilieri di Marina. L'operazione, che richiederebbe il controllo di un tratto di litorale, consentirebbe di prestare cure in Italia ai bisognosi e di evitare migliaia di vittime nei naufragi scoraggiando al tempo stesso i flussi migratori poiché nessuno pagherebbe migliaia di euro e rischierebbe la vita per ritrovarsi sulla sponda africana del Mediterraneo.

Il “respingimento assistito” spronerebbe l'Onu ad assistere i migranti e rimpatriarli (come già fece in Libia nel 2011 con oltre un milione di lavoratori stranieri fuggiti dalla guerra) e costituirebbe un segnale che l'Italia non è più disposta ad accogliere migranti che si affidino a malavitosi e trafficanti e che in molti casi rifiutano persino di farsi identificare, come ha ammesso il ministro degli Interni, Angelino Alfano. Malta e la Bulgaria hanno già attuato respingimenti nel nome dell'autonomia dei singoli Stati della Ue in tema di immigrazione e del resto il direttore di Frontex, Fabrice Leggeri, ha dichiarato a Le Figaro che «i migranti che intraprendono la strada libica ormai arrivano dall'Africa, non più dalla Siria o dall'Iraq» e per lo più «partono per problemi economici e possono e devono essere rispediti a casa loro».

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