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Spunta il «lodo Cheli»: la trattativa nel Pd sulla riforma del…

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le possibili modifiche al ddl boschi

Spunta il «lodo Cheli»: la trattativa nel Pd sulla riforma del Senato

  • –di Em. .

Prima l’Italicum, poi i possibili interventi sulla riforma del Senato e del Titolo V per venire incontro a una parte delle richieste della minoranza del Pd. Matteo Renzi vuole tenere distinte le due cose, come dimostra l’accelerazione sull’Italicum impressa ieri con le tre fiducie entro il 1° maggio. Mentre Roberto Speranza e lo stesso Pier Luigi Bersani avevano fatto capire di essere disponibili a votare l’Italicum in cambio di garanzie certe sul fronte della riforma costituzionale ora all’esame di Palazzo Madama per la terza lettura: nell’ottica della minoranza, infatti, è il “combinato disposto” di una legge elettorale ipermaggioritaria e di una riforma costituzionale che consegna un Senato non elettivo ma scelto dai Consigli regionali a minare la rappresentatività democratica. Ma per il premier infilarsi in una trattativa con la propria minoranza interna su questo punto avrebbe significato non uscirne più: le modifiche saranno fatte, se possibile e se ci sarà l’accordo, ma non ci sarà alcuno «scambio» tra Italicum e riforme. Tuttavia in queste ultime ore, proprio mentre la Camera respingeva le pregiudiziali di costituzionalità e il governo decideva di accelerare mettendo la fiducia sui tre articoli dell’Italicum modificati rispetto al testo licenziato dal Senato - tra i vertici del Pd renziano e la minoranza più dialogante la trattativa sulla riforma costituzionale è andata avanti.

Due le strade: la prima, più ardua dal punto di vista tecnico e anche dal punto di vista politico, riguarda la possibilità di modificare l’articolo 2 del Ddl Boschi sulla composizione e le modalità di elezione del nuovo Senato senza dover ricominciare daccapo l’iter di modifica costituzionale buttando a mare le due votazioni già avvenute. Perché è vero che secondo il regolamento il Senato potrà modificare in terza lettura solo le parti nel frattempo modificate dalla Camera - e l’essenziale dell’articolo 2 non è stato modificato - ma è anche vero che su questa materia è possibile una certa “creatività”. I fautori della possibilità di introdurre il modello tedesco di elezione indiretta (nel Bundesrat sono in sostanza rappresentati gli esecutivi regionali, con il presidente e la Giunta) si fanno forti del parere del costituzionalista Enzo Cheli, che sostiene appunto che è possibile riscrivere l’articolo 2 procedendo non per parti modificate ma per argomento (c’è anche un precedente che riguarda la modifica dell’articolo 68 della Costituzione).

Il “lodo Cheli” appare tuttavia difficilmente praticabile. Anche per il motivo politico, da non sottovalutare, che una soluzione del genere sarebbe vista come un “golpe” dalle opposizioni (Fi e M5S) dal momento che la maggior parte delle Regioni sono al momento amministrate da Giunte di centrosinistra. Più percorribile la seconda strada, quella di interventire innanzitutto sulla legge ordinaria che dovrà disciplinare l’elezione indiretta del nuovo Senato all’interno dei Consigli regionali: si può immaginare un meccanismo per cui il cittadino, al momento del voto regionale, sappia già chi tra i consiglieri eletti siederà nel nuovo Senato tramite appositi listini oppure prevedere che siano anche senatori i consiglieri che abbiano ricevuto più preferenze. A questo si può aggiungere qualche intervento sul Ddl Boschi che non tocchi l’articolo 18: competenze del nuovo Senato e procedimento legislativo, temi che stanno molto a cuore alla minoranza del Pd. Anche da questa via stretta, dopo il voto sull’Italicum, passerà la ricomposizione della frattura interna al Pd per recuperare la collaborazione e la lealtà della parte più dialogante della minoranza interna. Quella che oggi e domani non uscirà dall’Aula al momento della fiducia.

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