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Emergenza economica: la Consulta ci ripensi

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analisi

Emergenza economica: la Consulta ci ripensi

Le vicende che hanno accompagnato la decisione della Corte costituzionale sul blocco della rivalutazione delle pensioni (la sentenza n.70 del 2015) sono numerose e complesse. Non è la singola questione che viene in considerazione ma la funzione stessa della Corte e i limiti che tale funzione incontra. Il che non è di poco conto. C’è, innanzi tutto, la preoccupazione del governo perché deve reperire i fondi per la restituzione della parte di pensione non corrisposta. A cui si lega la preoccupazione di tutti per l’andamento dell’economia.

C’è il richiamo davvero preoccupante e puntuale dell'Europa: «La Commissione sta aspettando la decisione del governo italiano per applicare la sentenza della Corte Costituzionale e ne valuterà l’impatto che non dovrebbe avere effetti sull’impegno dell’Italia nell’ambito del patto di stabilità. La sostenibilità di lungo periodo delle finanza pubbliche italiane dovrebbe restare nelle priorità». Il che non può aver altro senso che un invito al governo italiano a neutralizzare gli effetti della sentenza. Qui il problema è più grosso del tema specifico perché si tratta di stabilire l’impatto della Comunità europea sulla vita delle istituzioni italiane. Il governo dichiara «Stiamo pensando a misure che minimizzino l’impatto sui conti pubblici nel pieno rispetto della Corte», pensando di spalmare il rimborso nel tempo e modulando il valore dello stesso in modo inversamente proporzionale all’importo delle pensioni.

C’è, ancora, la difficile situazione della Corte che per la prima volta è costretta a smentire dichiarazioni che non ha fatto (sentenza e autoapplicativa senza bisogno di ricorso). Con un comunicato stampa ufficiale la Corte ha precisato che dalla pubblicazione della sentenza gli interessati possono adottare le iniziative che ritengono necessarie e gli organi politici debbano adottare i provvedimenti conseguenti nella forma costituzionalmente corrente.

Il punto è che la Corte deve forse ripensare la propria giurisprudenza secondo la quale «neppure l’emergenza economica giustifica la violazione di principi e delle norme costituzionali (223/2012; 241/2012)».

La decisione sulle pensioni (che richiederà un’analisi più ampia) si fonda tutta sui principi costituzionali a tutela dei lavoratori. La particolare protezione per il lavoratore non deve sussistere soltanto al momento del collocamento al riposo ma «va costantemente assicurata anche nel prosieguo in relazione ai mutamenti del potere d’acquisto della moneta». L’articolo 36 della Costituzione richiede un costante adeguamento del trattamento di quiescenza alle retribuzioni del trattamento attivo. È un principio consolidato che va dal 1979 in poi e la coerenza con la propria giurisprudenza è un punto fermo della nostra Corte Costituzionale. Il criterio di ragionevolezza circoscrive la discrezionalità del legislatore e vincola le sue scelte all’adozione di soluzioni coerenti con i parametri costituzionali.

Ma ci sono altri principi nella Costituzione con i quali vanno coordinati quelli relativi alla tutela dei lavoratori. C’è da chiedersi se la decisione della Corte violi l’equilibrio di bilancio posto dall’articolo 81 della Costituzione. Come ha detto altre volte la Corte, la Costituzione va tutelata come un tutto unitario sicchè bisogna evitare che alcuni diritti diventino “tiranno” nei confronti di situazioni giuridiche tutelate costituzionalmente. Quando c’è conflitto fra i principi costituzionali vanno sacrificati quelli meno rilevanti.

Ora, secondo la Corte, non risulta una violazione dell’equilibrio di bilancio: «La disposizione concernente l'azzeramento del meccanismo perequativo, contenuta nell'articolo 25 comma 24 del Dl del 2011, si limita a richiamare genericamente la contingente situazione finanziaria, senza che emerga dal disegno complessivo la necessaria prevalenza delle esigenze finanziarie sui diritti oggetto di bilanciamento, nei cui confronti si effettuano interventi così fortemente incisivi. Anche in sede di conversione non è dato riscontrare alcuna documentazione circa le attese maggiori entrate».

In questo senso, la Corte non è stata disinvolta rispetto alle esigenze dell’equilibrio di bilancio. Va ricordato l'articolo 5 della legge costituzionale 1/2002 che alla lettera f) prevede l’«attribuzione presso le Camere, nel rispetto della relativa autonomia, di un organismo indipendente al quale sono attribuiti compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di osservazione delle regole di bilancio». L'articolo 5 regola dettagliatamente i criteri che debbono essere osservati che escludono che la verifica di bilancio possa ridursi alla sola considerazione della entità di una spesa.Non esistono argomenti per ridurre le pensioni da restituire se non introducendo correttivi che non alterino la sostanza dei rimborsi.

Ma il problema resta per il futuro. Bisognerebbe introdurre anche in Italia la prassi della Germania delle sentenze a termine: la Corte avverte il governo che esiste una situazione di incostituzionalità di una disposizione di legge in materia di spese o in materia di imposte e lo invita a provvedere entro un determinato tempo. Decorso tale termine, senza che il governo abbia provveduto, la Corte dichiara l’incostituzionalità.

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