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Dossier Così Usa e Giappone cercano di contrastare il predominio cinese in Asia

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    Così Usa e Giappone cercano di contrastare il predominio cinese in Asia

    La posizione dell'America nello scenario globale dei prossimi anni dipenderà dalla sua capacità di modellare un nuovo e stabile equilibrio geopolitico sul continente euroasiatico.

    La Cina sta concretizzando rapidamente la strategia “One belt, one road” che include piani per la realizzazione di strade, porti, pipelines e altre infrastrutture dal Sudest asiatico al Medio Oriente, dall'Asia centrale all'Europa per dare uno sbocco alla propria sovrapproduzione interna. Lo schema è estendere l'influenza di Pechino. Così i recenti tentativi cinesi di multilateralizzare il flusso degli investimenti, sia con la banca per lo sviluppo dei Brics sia con la recente Asian Infrastructure Investment Bank, hanno avuto l'effetto di imprimere un'accelerazione alle trattative per la Trans-Pacific Partnership (TPP).

    Il Giappone e gli Stati Uniti, le due maggiori economie dell'area, stanno stringendo sull'accordo con l'obiettivo di contrastare l'influenza cinese sul Pacifico. Perciò stanno disegnando un trattato strategico e diplomatico a un tempo che economico, come è emerso anche nella recente visita del premier Shinzo Abe a Washington, riuscendo a superare molte divergenze in particolare sul commercio del riso e nel settore dell'auto.
    La posta in gioco sono le regole per le relazioni commerciali nella regione a più rapida crescita del mondo. La creazione dell'area di TPP coinvolge 10 paesi oltre a Giappone e Stati Uniti (Messico, Canada, Perù, Cile, Malesia, Vietnam, Australia , Nuova Zelanda, Singapore, Brunei), circa il 40% dell'economia mondiale. Il flusso commerciale americano con queste nazioni, nel 2014, è stato di 416 md di dollari, pari a circa il 10% dell'intero commercio statunitense.

    La protezione della proprietà intellettuale è la chiave di volta del negoziato. La Cina ha bisogno del trasferimento di tecnologia d'avanguardia americana in particolare per affrontare il climate change e per ripristinare condizioni ambientali sostenibili. Se le grandi multinazionali sono equipaggiate di team in grado di tutelarne gli interessi nelle controversie legali in Asia, invece gli investitori di media taglia sono a rischio.
    Per questo, oltre a eliminare tariffe e barriere non tariffarie, la TPP tenta di fissare nuove regole per la proprietà intellettuale, i servizi, l'agricoltura, l'ambiente, la competizione fra imprese di stato e imprese private.

    La partita è politica oltre che economica, e lo status quo ciò che più teme la Casa Bianca. Infatti, le imprese che cercavano lavoro a basso costo hanno già lasciato il paese. Per l'Amministrazione Obama il solo modo per alzare gli standard di protezione del lavoro e dell'ambiente è fissare e far rispettare nuove regole internazionali, oltre a formare una nuova generazione di lavoratori americani altamente specializzati.

    Eppure la stagnazione dei salari, la crescita delle ineguaglianze, la decimazione della classe media americana sono altrettanti argomenti dell'opposizione di sinistra alla TPP. Molti democratici paventano i bassi salari di Vietnam e Malesia. L'esperienza del NAFTA, siglato nel 1993 dal presidente Bill Clinton, tristemente debole nel proteggere i lavoratori e che ha prodotto il moltiplicarsi degli impianti “maquila” lungo il confine messicano, dimostra quanto gli effetti sociali di una globalizzazione non ben congegnata e ben regolarizzata possano essere perversi e drammatici.

    Per parte sua, il premio Nobel Paul Krugman nel suo “A country is not a company” sostiene che, a livello macroeconomico, un aumento delle esportazioni non implica un aumento dell'occupazione. Contrario alla TPP, afferma che il libero commercio c'è già e che la difesa della proprietà intellettuale significa creare un monopolio. In effetti, merita ricordare con lo storico dell'economia David S. Landes che “L'invenzione dell'invenzione” è all'origine della ricchezza dell'Occidente e spiega, almeno in parte, il declino della Cina nel ‘700-‘800.
    Tuttavia, oggi la protezione dei brevetti significa anche tutelare la vitalità delle start up, come ha ricordato il Labor Secretary Thomas Perez. Inoltre si dovrebbero negoziare anche provvedimenti contro la manipolazione delle valute, che tanto ha inciso nelle relazioni commerciali con la Cina, benché quest'aspetto non sembri dirimente per una rapida conclusione politica dell'accordo.

    Se la TPP va in porto, l'Europa dovrà fare i conti con un sistema di libero scambio che in particolare avrà conseguenze, fra gli altri, sui settori del tessile e delle calzature che sono di grande importanza per l'Italia. Perciò le regole devono essere scritte con chiarezza anche da Bruxelles.

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