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Dossier Marche, Spacca in corsa contro il suo passato

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Marche, Spacca in corsa contro il suo passato

Se per eleggere un governatore bastasse dar credito ai social network, Gian Mario Spacca, presidente uscente della Regione Marche dal 4 aprile 2005 e ricandidato per Marche 2020, avrebbe già vinto a mani basse le elezioni del 31 maggio per il rinnovo del Consiglio. Ha iniziato il tour elettorale di questa settimana a Montegranaro, motore del distretto calzaturiero marchigiano e ha subito postato la foto sul suo profilo facebook, dove i “mi piace” sono 22.794 mentre i followers su twitter sono 28.500. Niente a che vedere con i suoi avversari.

Luca Ceriscioli, sindaco di Pesaro per 10 anni, vicesegretario regionale del Pd ne raccoglie rispettivamente 2.825 e 530. Francesco Acquaroli, consigliere regionale uscente di Fdi e candidato con l'appoggio di An e Lega Nord si ferma a 1.165 e 302. Gianni Maggi, del M5S, seppur trainato dal Movimento grillino, ne ha 2.003 e 178. Edoardo Mentrasti, candidato per la Sinistra unita ha 875 “mi piace” sulla pagina facebook e 18 seguaci su twitter.

La politica, però, è molto più complessa dei servizi di rete sociale, dove pure i candidati Governatori stanno impazzando forse perché le piazze sono a dir poco “tiepide”, e così i marchigiani al voto (1,2 milioni) chiamati ad eleggere 30 consiglieri tra circa 250 candidati, patiscono una vigilia di voto agitata da colpi di scena, sgambetti e durissimi atti di accusa anche all'interno di coalizioni un tempo unite. A sparigliare le carte ci ha pensato Spacca.

L’ex dirigente del Centro studi Merloni finanziaria, 62 anni, per due volte eletto con il centrosinistra, ha abbracciato Forza Italia che – a dar retta ancora ai social network – con i suoi “151 mi piace” nella pagina regionale di facebook non sembra poter garantire una messe di voti. «Una ricandidatura provocatoria – ha spiegato il governatore uscente – che mette a disagio anche me ma necessaria per evitare la sovrapposizione di una burocrazia di partito all’amministrazione regionale». «Il partito dei terzi mandati, questo è il progetto di Marche 2020 – replica serafico Ceriscioli –. Tradiscono il popolo del centrosinistra per mantenere poltrona e privilegi. Uscire dal centrosinistra per aprirsi a forze politiche anche di estrema destra si chiama trasformismo e niente altro. È la politica al servizio dei posizionamenti e delle poltrone, al servizio della conservazione del potere. Non di certo a disposizione dei cittadini e dei bisogni dei marchigiani».

Per ripresentarsi agli elettori Spacca beneficia di una contestatissima legge (n.5 del 20 febbraio 2015) che vieta sì la rielezione a presidente della giunta regionale chi ha ricoperto la carica per due legislature consecutive (è il suo caso) ma solo dalle legislature successive all’applicazione della legge stessa. Il coordinatore regionale di Fi Remigio Ceroni (ex avversario) sostiene Spacca al grido di «dovevamo allargare la coalizione e abbiamo trovato un candidato credibile». L’esercito (sempre più assottigliato) dei berlusconiani non gradisce e così sui social i commenti più teneri sono di questo tenore: «Non capite un tubo, a mettersi con uno di sinistra che ha rovinato le Marche; la mia famiglia voterà Lega».

A parole Fi, Spacca e Democrazia cristiana hanno trovato un’alleanza naturale sul programma, che il 7 maggio è stato sintetizzato dallo stesso candidato governatore in un incontro promosso da Confindustria Marche: «Bisogna ritornare a produrre reddito attraverso un grande patto dell’imprenditorialità in ogni settore, dalla manifattura alle professioni, dall’agricoltura al turismo, dalla finanza ai servizi. Grazie all’ottima gestione delle risorse europee nella passata programmazione, le Marche avranno per il 2014-2020 il 10% di risorse in più. Per sostenere la produzione del reddito è necessario spingere sulla semplificazione e la sburocratizzazione della pubblica amministrazione e sulla riduzione della pressione fiscale. I fattori di una politica industriale regionale da implementare sono la finanza; infrastrutture; internazionalizzazione; incremento del capitale umano; innovazione con l’incremento degli investimenti e il sostegno all’edilizia».

Insomma: slogan sempreverdi e la rivendicazione di un buon governo (la disoccupazione è sotto il 9%) ma non dell’attaccamento alla poltrona. Dietro la ricandidatura i retroscena si moltiplicano, a partire da quello per cui la presenza di Spacca (di Fabriano) garantirebbe un sistema policentrico di fronte al rischio di un sistema metropolitano che graverebbe su Pesaro nel caso venisse eletto governatore, con il centrosinistra, l’ex sindaco Ceriscioli. Un voto sì, in altre parole, ma anche un referendum sul concetto di unità regionale.

Il professore di matematica Ceriscioli, 49 anni, certo di vincere la sfida, se la ride delle accuse e per mostrare quanto siano infondate ribatte con uno slogan che è già un programma: «Il sindaco delle Marche». E un sottotitolo ancor più evocativo: «Le Marche al centro dell’Italia che cambia». L’ex sindaco di Pesaro ribatte colpo su colpo anche alle strizzatine d’occhio al mondo delle imprese, ingolosendo anche i lavoratori, intorno a un programma che ruota sugli stessi perni di tutti i candidati di qualunque elezione amministrativa: sviluppo, competitività al sistema, capacità di sostenere la crescita e di concentrare strategicamente le risorse. «Ho letto i documenti di Confindustria e dei sindacati – spiega Ceriscioli – a parte il tema dell’Irap, non ho trovato differenze: un fatto positivo perché in questo momento storico la condivisione facilita il raggiungimento degli obiettivi. Sulla parte relativa allo sviluppo si trova una visione comune con indicazioni su come poter rilanciare la crescita e l’occupazione. Sostenere le imprese significa creare lavoro e occupazione».

Gli altri candidati sembrano lontani dalla possibilità di contendere la vittoria ai due che un tempo appartenevano alla stessa scuderia. Nessuno ha intenzione di gettare la spugna anche se, unito o diviso che sia, qui il centrosinistra, come ha confermato esattamente un anno fa l’elezione per il Parlamento europeo, supera il 45% dei voti.

.Guardie o ladri

robertogalullo.blog.ilsole24ore.com

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