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Stipendi e fondi tagliati, l'agonia del polo scientifico di…

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alle porte di Milano

Stipendi e fondi tagliati, l'agonia del polo scientifico di Nerviano. Riusciranno le royalties dei brevetti a salvare il centro?

Che sia una storia di cattiva politica o una questione di equilibri finanziari non ancora raggiunti, quella del Nerviano Medical Sciences - polo scientifico alle porte di Milano - assomiglia a una lunga agonia che mette a rischio uno dei gioielli della ricerca italiana alle prese con una crisi che si trascina da anni. Bilanci non pubblicati (2014) o non certificati (2013), fondi pubblici tagliati, stipendi in ritardo e dimissioni eccellenti: gli ingredienti per spiegare i problemi affrontati dal centro di Nerviano sono molteplici mentre le soluzioni, al momento, latitano. Che sia una questione tutta interna alla politica lombarda lo hanno denunciato senza troppi giri di parole gli ultimi due scienziati in ordine di tempo ad essersene andati dopo aver lottato per mesi: Marco Pierotti, presidente e amministratore delegato del centro per soli sette mesi prima dell'addio, e Carlo Croce, già vicepresidente per quattro anni e dimissionario con parole di fuoco.

Entrambi pronti a giurare che Nerviano sia un centro d'eccellenza capace di stare in piedi come da piano industriale ed entrambi convinti che dietro alle difficoltà ormai croniche ci siano soprattutto questioni di politica. “Faccio lo scienziato e la politica non mi interessa” diceva Pierotti lo scorso 4 maggio. Croce ha resistito solo una settimana in più e poi ha mollato: “I soldi sono stati tagliati per motivi politici, nient'altro. Tutta colpa del degrado della politica che non è capace di occuparsi della scienza” . Questo lo sfogo corredato da una serie di accuse durissime all'attuale governance della Frrb (Fondazione regionale per la ricerca biomedica), socio al 100% di Nerviano ed ente di diritto privato sostenuto interamente dai fondi della Regione Lombardia. La radice su cui, nei progetti dell'allora governatore Formigoni, si sarebbe dovuta innestare una piattaforma lombarda dedicata alla ricerca con collaborazione strettissima con i diversi Irccs (istituti di ricerca) e la Rol (rete oncologica lombarda). Idea che aveva consentito di evitare il fallimento di Nerviano nel 2011 dopo gli anni tormentati della dipendenza da Pfizer. Da allora gli scienziati e i dipendenti del centro hanno lavorato producendo una serie imponente di studi e districandosi sempre più frequentemente tra problemi di bilanci, tagli anche dolorosi e una perpetua sensazione di precarietà.

Pierotti e Croce non sono gli unici ad aver fatto un passo indietro. Ad aprile era stato il turno di Alberto Sciumè, presidente di Nms Group, mentre l'ad Luciano Baielli ha lasciato insieme a Croce. Vertici azzerati. La fotografia della situazione economica di Nerviano l'ha messa nero su bianco in maniera impietosa la società di revisione Pricewaterhouse Coopers che lo scorso 28 gennaio si è rifiutata di esprimere un giudizio di certificazione sul bilancio consolidato di NMS Group Srl relativo al 2013, approvato di corsa il 31 dicembre del 2014. “Risultato consolidato sostanzialmente in pareggio” scrivono i revisori facendo riferimento agli accordi di licenza sottoscritti come primi frutti del lavoro scientifico di ricerca, sottolineando però l'esistenza di una serie di variabili tali da far dire che il presupposto della continuità aziendale è “soggetto a molteplici significative incertezze”. Quali? Intanto uno scostamento tra i ricavi provenienti dalle citate licenze (29 milioni di euro) e quelli attesi nel piano industriale (44,6 milioni nel 2014 e 38,4 nel 2015). E poi il taglio degli importi in arrivo da Regione Lombardia come corrispettivo per progetti e collaborazione con il sistema sanitario. Flussi di cassa incerti, messi in crisi dalla decisione della Regione di distribuire diversamente le risorse economiche: fondi pubblici affluiti in gran quantità su Nerviano dove, secondo alcune stime, sono piovuti 128 milioni di euro dal 2009 al 2015. Gli ultimi lo scorso aprile sotto forma di acconto per l'attività del 2015 così da tamponare l'ennesima emergenza stipendi. Un investimento in attesa dei primi risultati che potrebbero consentire al centro di camminare con le proprie gambe. A luglio con la nomina di Tagliabue a direttore generale di Frrb le cose sono cambiate innescando anche una dura battaglia politica intorno alla struttura, già al centro dell'attacco della commissione di saggi incaricata da Maroni di studiare la riforma della sanità lombarda e guidata dall'oncologo Umberto Veronesi: troppi 97 milioni sui 98,8 totali incassati da Nerviano tra il 2011 e il 2013. La quasi totalità rispetto agli altri 35 progetti finanziati.
Intanto i circa 500 lavoratori di Nerviano continuano la loro ricerca che negli ultimi mesi ha portato ad accordi prestigiosi per lo sviluppo e la futura commercializzazione di almeno quattro molecole. Secondo i sindacati bisognerebbe garantire al centro di ricerca la sopravvivenza ancora per poco prima dell'arrivo dei denari delle multinazionali sotto forma di royalties: un affare potenziale da decine di milioni di euro che ripagherebbe in prospettiva anche il pubblico per gli investimenti fatti negli anni scorsi e i sacrifici degli stessi dipendenti che, per consentire di chiudere nel 2013 l'accordo di ristrutturazione del debito con Unicredit, hanno accettato forti riduzioni e tagli al costo del lavoro con la sospensione per tre anni della 14° mensilità e l'assorbimento progressivo di tutte le voci di contrattazione dal 2009 al 2015. Già oggi Nerviano non è più il magnifico campus da oltre mille persone degli anni d'oro della Pfizer e tra le urgenze di intervento ci sono anche investimenti necessari per adeguarlo dal punto di vista tecnologico e mantenerlo in perfetta efficienza pur avendo ricevuto nel marzo scorso la certificazione della Food&Drug Administration e di Aifa. Senza chiarezza sul futuro c'è il rischio di una caduta di immagine dalle conseguenze facilmente calcolabili in un mondo in cui la qualità dei ricercatori che si riescono ad attrarre in un polo scientifico è parte integrante della possibilità stessa di crescere e diventare profittevole.

Sullo sfondo c'è la spada di Damocle del debito da 194 milioni che il gruppo ha con Unicredit, ristrutturato nell'ottobre 2013 con l'impegno a rientrare entro il 2023. La rata da 13,2 milioni in scadenza il 31 dicembre 2014 non è stata onorata creando ulteriori elementi di incertezza sul futuro di Nerviano. La buona notizia è che la banca non ha dato corso alla richiesta di rientro immediato del finanziamento, come pure previsto dall'accordo, concedendo così tempo ai vertici di lavorare in vista di una nuova ristrutturazione. Bisognerà, però, fare in fretta e i primi passi devono necessariamente essere le approvazioni e certificazioni dei bilanci 2013 e 2014 senza le quali Nerviano rischia anche di non poter incassare i 50 milioni di euro di contributi destinati dal MIUR al centro e per i quali ad oggi mancano le condizioni burocratiche. Potrebbero essere destinati altrove aggiungendo la beffa al danno.

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