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Ocse: in Italia aumentano povertà e disparità di reddito

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il rapporto

Ocse: in Italia aumentano povertà e disparità di reddito

In Italia la crisi ha esacerbato le disparità di reddito, che sono tra le maggiori in Europa. Sulla base di un rapporto Ocse pubblicato oggi, il reddito medio del 10% più ricco della popolazione nella Penisola è pari a 11 volte quello del 10% più povero, mentre la media Ocse - pure a livelli record - è di un divario di 9,6 volte. Il coefficiente Gini che misura le differenze nella distribuzione della ricchezza (va da 0 a 1 e più è alto e maggiore è la disparità) in Italia è salito dallo 0,313 del 2007 allo 0,327 del 2013, il sesto più alto in Europa e il 13esimo nell'Ocse, mentre nello stesso periodo la media dell'area ha avuto una variazione molto più contenuta, passando da 0,314 a 0,315.

Il 10% più povero della popolazione in Italia ha accusato un calo del reddito del 4% l'anno tra il 2007 e il 2011, mentre il reddito medio è calato del 2% e quello del 10% più ricco solo dell'1 per cento. La povertà nella Penisola è aumentata in maniera molto marcata, salendo a un tasso del 14,9% nel 2013, oltre 4 punti in più rispetto al 2007, uno dei dati peggiori dell'Ocse (il quarto tra quelli disponibili), mentre la media dell'area è passata dal 7,7% del 2007 al 9,9% del 2013. I bambini sono la fascia d'età con la maggiore incidenza di povertà, il 17% contro il 13% medio Ocse. Anche i giovani tra i 18 e i 25 anni hanno un tasso di povertà superiore alla media (14,7% contro 13,8%), mentre gli ultra 65enni (9,3%) se la cavano meglio che nel resto dell'Ocse (12,6%). Tra gli adulti il tasso di povertà è del 12,1% (Ocse 9,9%) e i “working-poor” - cioè quanti hanno un lavoro ma un reddito sotto la soglia di povertà - arrivano al 12%, mentre nel'Ocse si fermano in media all'8,7 per cento.

L'Ocse evidenzia come la maggiore fonte di disparità di reddito, la disuguaglianza di reddito da lavoro, sia aumentata (+0,65%) tra il 2007 e il 2011 principalmente a causa della dispersione salariale legata al diffondersi di contratti atipici che non ha pari nell'area Ocse, con retribuzioni inferiori rispetto ai contratti tradizionali. In Italia il 40% degli occupati nel 2013 lavorava con contratti atipici, contro il 33% medio Ocse. Tra il 1995 e il 2007 mentre l'occupazione con contratti standard è salita solo del 3% in Italia (contro il +10% medio Ocse), i contratti atipici sono aumentati del 24%, il dato più alto dell'Ocse a fronte di una media del 7,3%. Tra il 2007 e il 2011 l'occupazione con contratti tradizionali è calata del 4,3% in Italia (-3% Ocse), mentre il lavoro tipico è salito dell'1,6% (il doppio della media Ocse). I lavoratori con contratti atipici in media in Italia guadagnano il 25% in meno l'ora rispetto a un lavoratore “tradizionale”.

Il 53% degli atipici è il principale percettore di reddito in una famiglia (contro il 48% Ocse), ne risulta che spesso le loro famiglie si trovano alla soglia di povertà. L'Italia è, dopo la Grecia, il Paese Ocse con la maggiore porzione di famiglie di lavoratori atipici a rischio povertà, il 37% contro il 27% medio Ocse. In Italia, rileva inoltre il rapporto, il sistema fiscale non allevia la situazione dei “working poor”, mentre a livello Ocse tasse e agevolazioni riescono ad evitare la povertà a circa un terzo dei lavoratori con situazioni lavorative sub-standard. In Italia resta poi ampio il gender gap. Quanto ad occupazione, è il maggiore dell'Ocse (18% contro il 12%), anche se si è ridotto rispetto al 325 del 1992.

Passando agli effetti della crisi sulla ricchezza netta degli italiani, stando ai calcoli dell'Ocse per il 20% più povero tra il 2006 e il 2012 è calata del 25% annuo contro il calo dello 0,8% del 20% più ricco. Per il resto della popolazione, ovvero la classe media, la flessione è stata del 2,1 per cento. Tradotto in cifre, ovvero soldi, la ricchezza netta media delle famiglie italiane nel 2010 ammontava a 273.600 dollari, sopra la media Ocse (268.500 dollari). Per il 20% più povero tuttavia il dato si riduce a 5.495 dollari, mentre per la fascia mediana arriva a 175 mila (media Ocse 149 mila), balzando a 1,23 milioni per il “top 10%” e spingendosi fino a sfiorare i 4 milioni per l'1% più ricco. Dato quest'ultimo che risulta tuttavia sotto la media Ocse che è di 4,65 milioni. Le famiglie italiane sono le meno inclini a fare debiti: solo il 25% vi fa ricorso contro l'80% delle norvegesi e delle americane. Inoltre solo il 2% delle famiglie della Penisola può essere considerata eccessivamente indebitata contro il 24% negli Usa e il sorprendente 30% in Norvegia. (Radiocor)

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