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Rogo alla Thyssen, ridotte le pene: nove anni e otto mesi…

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la tragedia nello stabilimento di Torino

Rogo alla Thyssen, ridotte le pene: nove anni e otto mesi all’ex-ad

Nove anni e otto mesi di condanna all'ex amministratore delegato di Thyssenkrupp, Herald Espenhahn, pene tra i sei anni e i sette e mezzo a carico degli altri cinque tra manager e dirigenti del gruppo tedesco, responsabili della morte di sette operai, nella notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007, per un disastroso incendio lungo la linea 5, nello stabilimento Thyssen di corso Regina Margherita a Torino. La Corte d'Appello d'Assise di Torino ha emesso la sentenza che chiude una vicenda processuale complessa, accompagnata dalla presenza costante in aula delle famiglie degli operai morti. Sentenza che arriva dopo la richiesta della Cassazione, circa un anno fa, di ricalcolare le pene inflitte.

Nei fatti, il Tribunale di Torino ha appena ritoccato le pene inflitte in appello confermando le condanne per omicidio colposo aggravato e incendio doloso. In secondo grado l'ad era stato condannato a una pena di dieci anni (per il reato di omicidio “con colpa cosciente”, cade in appello l'ipotesi del dolo eventuale fissata in primo grado) e comprese tra i 7 e i 9 anni per gli altri responsabili.

I giudici della Suprema Corte avevano riconosciuto le gravi inadempienze sul tema della sicurezza ma avevano messo in discussione il nesso di causalita' tra queste gravi omissioni e i fatti, tragici, di quella notte. La sentenza di oggi di fatto riconosce la strada indicata dalla Suprema Corte ma si discosta di poco dall'ammontare delle pene inflitte in appello e dalle richieste della Procura Generale. Il procuratore generale Vittorio Corsi ieri aveva chiesto la conferma della pena per l'ex ad e altri due dirigenti (Gerald Priegnitz e Marco Pucci) e uno sconto di pena lieve per Raffaele Salerno, all'epoca direttore di stabilimento, e Cosimo Cafueri, responsabile sicurezza, oltre che per Daniele Moroni, responsabile investimenti del Gruppo e a capo del polo di Terni.

Le famiglie delle vittime hanno accolto con rabbia il verdetto. Il nodo della vicenda, dal punto di vista del processo, è stata la determinazione del nesso di causalita' tra le gravi condotte omissive in tema di sicurezza sul lavoro, che i giudici della Cassazione ribadiscono nella motivazione della sentenza, e i tragici fatti di quella notte. L'indicazione arrivata dalla Cassazione rimanda al carattere colposo del reato, indicazione fatta propria dalla Corte d'Assise d'Appello di Torino. In sostanza, i giudici non mettono in discussione la ricostruzione dei fatti emersa in aula durante i processi e le gravi carenze in tema di sicurezza, ma chiedono il ricalcolo delle pene in relazione alla tipologia di reato.

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