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Dossier Il doppio fronte di Renzi, tra Governo e partito

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Dossier | N. (none) articoliElezioni 2015

Il doppio fronte di Renzi, tra Governo e partito

Non è andata bene per Matteo Renzi. L'avanzata di Salvini e di Grillo da un lato e la sconfitta in Liguria per le divisioni nel Pd lo costringono a una doppia messa a punto, nel Governo e nel partito. Perché è chiaro che è stato stretto a tenaglia da due forze e in primo luogo da quelle anti-sistema e anti-euro che hanno sfruttato il vento contrario della crisi economica ma anche dell'emergenza immigrati o delle polemiche sulle liste degli impresentabili. Tutti temi congeniali alla Lega e al Movimento 5 Stelle ma che ora impongono a Renzi un cambio nell'approccio con l'Europa e con la “vexata quaestio” delle quote dei profughi e degli sbarchi. Ma che richiedono anche sforzi supplementari sul fronte dell'economia. Il Jobs act non è bastato per infondere fiducia sulla ripresa economica e dell'occupazione così come ha pesato la bomba-pensioni fatta scoppiare dalla Consulta.

Insomma, ci sono temi e priorità che ora il Governo dovrà presidiare con più efficacia e tra questi c'è senz'altro anche quello della scuola, bacino elettorale che dal 2013 è diventato il punto forte del Movimento 5 Stelle. Così come i pensionati sono stati il nocciolo duro della Lega di Salvini molto più di quanto non lo fossero di Bossi che infatti aveva fermato la riforma delle pensioni nel '94 e nel 2011, prima della caduta di Berlusconi.

Ma l'avanzata dei partiti anti-euro e anti-sistema, che un anno fa Renzi era riuscito a fermare e contenere, è anche una conseguenza di tutte le divisioni interne al Pd. È evidente in Liguria dove la Paita perde contro Toti e per effetto di quello strappo consumato a sinistra che ha tolto voti decisivi. In Liguria più che in Campania si è sentito l'effetto della guerra scatenata dalla lista Bindi sugli impresentabili offerta alla stampa solo due giorni prima del voto. Un gesto di rottura ulteriore che ha fatto divampare la polemica interna e mostrato un Pd diviso come – o forse peggio – che ai tempi del congresso. È questo l'altro fronte di cui Renzi si deve occupare dopo e insieme al Governo. Da un doppio punto di vista: non solo per trovare un modus vivendi con l'opposizione interna ma anche per ristrutturare il partito nei territori.

Se c'è un dato lampante per il Pd è che le candidature delle regionali sono state gestite male un po' ovunque: in Liguria dove infatti la Paita ha perso ma anche in Campania che resta comunque un pasticcio per le vicende giudiziarie di De Luca così come in Umbria dove non si è capita la disaffezione verso il Pd e la candidata del Pd. E pure in Veneto dove l'insuccesso della Moretti è stato smaccato e ha portato giù il Pd che pure un anno fa aveva recuperato molti consensi in una regione tradizionalmente di destra.

È evidente, però, che soprattutto il risultato della Liguria si sentirà anche a Roma e non solo al Nazareno, sede del partito, ma in Parlamento perché al Senato la sinistra interna ricomincerà con più decisione la sua guerriglia dalla riforma del Senato fino ai provvedimenti più economici. Ma non è detto che questa frenata della regionali non sia per Renzi un bagno di realismo salutare in vista del prossimo voto nazionale. Dove, se la situazione dovesse restare immutata, si confronterebbe al ballottaggio il Pd con un partito populista: o una destra a trazione leghista, o i 5 Stelle di Grillo. Un rischio altissimo.

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