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Il Pd vince 5 a 2 ma è emorragia di voti Governatori al test lavoro, tasse e cantieri

ROMA - Si partiva con un 5 a 2, si finisce con un 5 a 2. Ma il conto solo in apparenza identico delle Regioni governate rispettivamente da centrosinistra e centrodestra prima e dopo il voto regionale di domenica nasconde in realtà significativi cambiamenti. Un primo dato si impone sugli altri: la scelta maggioritaria dell'astensionismo, perché il 31 maggio un elettore su due è rimasto a casa. Alla fine ha votato il 53,9% rispetto al 64,1 di cinque anni fa. Un'evoluzione negativa che ha investito tutte le Regioni con picchi per le Marche (-13%), Toscana (-12,4%) e Puglia (-12%). Un dato sul quale ha richiamato l'attenzione il capo dello Stato Sergio Mattarella («Le liti esasperate creano sfiducia, contribuiscono a creare sfiducia e allontanano la partecipazione dei cittadini»).

Tra le sfide regionali il risultato più eclatante è senza dubbio la conquista della Liguria da parte del consigliere politico di Silvio Berlusconi Giovanni Toti che: il candidato unico dei “moderati” ha vinto (ma potrà contare su un'esile maggioranza) sulla candidata dem Raffaella Paita, zavorrata dalla concorrenza a sinistra di Luca Pastorino che ha sfiorato il 10%, ponendo fine a dieci anni di “regno” del centrosinistra. Che compensa la perdita, almeno algebricamente, con la “presa” della Campania da parte di Vincenzo De Luca: l'ex sindaco di Salerno - su cui pende la sospensione dall'incarico per effetto della legge Severino alla luce della sua condanna per abuso d'ufficio e finito nella contestatissima “black list” degli impresentabili stilata dalla commissione Antimafia guidata da Rosy Bindi - si è preso la rivincita sul governatore uscente Stefano Caldoro, rovesciando l'esito del voto regionale del 2010.

Non cambiano colore le altre amministrazioni: il centrodestra mantiene senza problemi il Veneto, dove il leghista Luca Zaia fa il pieno di consensi (con il 50,1% risulta il neopresidente più votato) e “doppia” Alessandra Moretti, cui non è bastato il sostegno in campagna elettorale del premier Matteo Renzi. Ininfluente la scissione leghista del sindaco di Verona Flavio Tosi (quarto classificato, alle spalle dell'esponnte del M5S). Restano in mano al centrosinistra Toscana (confermato il presidente uscente Enrico Rossi con il 48%), Marche (con Luca Ceriscioli), Puglia (dove Michele Emiliano ha facilmente avuto la meglio su un centrodestra spaccato in due, tanto che il secondo classificato è stato l'esponente del M5S) e Umbria. Ma non tutto è andato come previsto alla vigilia. Il presidente uscente Catiuscia Marini, per esempio, ha conquistato il suo secondo mandato battendo solo di misura (tre punti e mezzo) il sindaco di Assisi Claudio Ricci che, nella notte dello spoglio, risultava in vantaggio spinto dalla compattezza di tutto lo schieramento di centrodestra. Ma per Matteo Renzi (ieri in visita lampo a Herat al contingente militare italiano) «il risultato del voto è molto positivo, oggi sono cinque le regioni guidate dal Pd e dal centrosinistra». Chiuse le urne e archiviata l'analisi del voto, per tutti i governatori comincia da subito l'impegno sulle questioni cruciali dei territori che sono stati chiamati a governare (si vedano gli articoli in pagina): per Zaia la priorità sarà la questione fiscale e il rilancio delle Pmi venete, Ilva e gasdotto Tap i dossier che attendono Emiliano, riassetto ambientale per Giovanni Toti, obiettivo lavoro per De Luca (legge Severino permettendo).

Tornado alle scelte degli elettori, c'è un'altra contabilità: quella dei voti dati ai singoli partiti. Qui le notizie per il partito del presidente del Consiglio negative: il Pd con il 25,2% vede assottigliarsi sensibilmente il proprio patrimonio di voti rispetto alle storiche percentuali delle Europee 2014 (41,5%) lasciando sul campo ben 2 milioni di voti in termini assoluti (meno un milione se confrontati con le politiche 2013). Eppure dalle parti del Pd si esulta: «È una vittoria chiara e netta» dice il vicesegretario Debora Serracchiani. Se ne riparlerà lunedì in una direzione convocata per l'analisi del voto in cui la minoranza del partito tornerà a far sentire la propria voce.

Può invece cantare vittoria la Lega Nord, unico partito che avanza nella raccolta di consensi. Con Forza Italia in grave declino (il partito di Silvio Berlusconi riesce a mantenersi sopra la media del 10% ma in Veneto, solo per citare il caso più “grave”, passa dal 14,7 al 6%) il Carroccio si laurea sul campo primo azionista dell'area di centrodestra. Numeri che fanno dire al leader “in pectore” dello schieramento Matteo Salvini: «Gli italiani che hanno votato hanno deciso che il programma alternativo a Renzi è la Lega». Il suo movimento - in termini assoluti - ha più che raddoppiato i voti i rispetto alle europee (+402.584 secondo i calcoli dell'Istituto Cattaneo, con punte in Toscana e Umbria) e ha avuto una crescita del 50% rispetto alle politiche.

Bilancio positivo anche dalle parti del M5S. Non tanto per i voti raccolti - lontani i risultati delle politiche e delle europee anche se si conferma il secondo partito a livello nazionale dietro i democratici - quanto piuttosto perché il movimento di Beppe Grillo ha sfatato il tabù del test amministrativo, terreno sul quale i “grillini” non erano mai riusciti a replicare i successi nazionali. Non cambia però la linea politica con il rifiuto di ogni “compromissione” con gli altri partiti (è stata respinta l'offerta di Michele Emiliano per un assessore all'Ambiente).

Il bilancio del voto di domenica si completa con i risultati del voto nei 17 comuni capoluogo (si veda l'articolo a pagina 11).Tra le sfide più importanti quella di Venezia dove si andrà al ballottaggio tra Felice Casson e Luigi Brugano.

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