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Carriere e promozioni congelate, ancora per quanto?

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L’ANALISI

Carriere e promozioni congelate, ancora per quanto?

Questa volta i grandi apparati dello Stato si sono mossi per tempo. E in vista dell’appuntamento del 23 giugno prossimo in cui i giudici della Consulta dovrebbero esprimersi sul blocco dei contratti pubblici, si viene a sapere che il “rischio” per i conti in caso di accoglimento è di 35 miliardi.

Di cosa stiamo parlando? Dell’impugnazione del blocco dei contratti negli anni 2011-2013 fatto da una serie di sigle del pubblico impiego in due diverse ordinanze davanti ai giudici del lavoro: uno romano e uno ravennate. I ricorrenti sono Flp, Fialp, Gilda-Unams, Confedir, Cse, Confsal-Unsa. Iniziative che risalgono al 2013 e hanno portato il caso alla Consulta. Il ministro della Pa Marianna Madia sulla vicenda già nelle scorse settimane s’è detta tranquilla perchè la Corte già in passato ha respinto ricorsi sulla costituzionalità di blocchi dei contratti, in particolare per il biennio 2011-2012, con la motivazione del «periodo limitato». Di conseguenza l’aspettativa è che anche questa volta la norma in questione (articolo 9 del decreto 78/2010) venga salvata. Magari con motivazioni critiche per il Governo ma comunque salvata.

Il problema è che dietro l’angolo, ovvero il 24 giugno prossimo, la Fp Cgil, tornerà all’attacco sulla questione dei contratti, anche questa volta davanti a un giudice romano, per chiedere se esistano i presupposti di incostituzionalità del blocco nella scuola in atto da cinque anni: dal 2011 al 2015. Il periodo in questione è un po’ meno limitato di due anni fa e il giudice potrebbe riproporre il quesito alla Consulta. Che cosa accadrebbe allora? Nulla di immediato, visto che l’allarme preventivo dei grandi apparati arriva su un pronunciamento relativo a un ricorso di due anni fa. Ma certo la prospettiva che si aprirebbe per palazzo Chigi diventa più complessa nel caso di un secondo fronte aperto. Il riferimento ai 13 miliardi di euro come “effetto strutturale” dal 2016 in poi evoca un altro onere che in parte è già scritto nei quadri a “politica invariata” del Def. Insomma, cifre importanti che meriterebbero una più congrua trasparenza: per il passato e per il futuro.

L’articolo 9 bloccò contratti ma anche scatti di anzianità, carriere, promozioni e automatismi vari: bisognerebbe dare un costo più chiaro su tutto per capire il “rischio” reale. Dopodiché resta al Governo l’onere della risposta alla domanda politica che resta: quanto lungo può essere, anche in tempi di inflazione quasi nulla, un blocco dei contratti per un collettivo di oltre tre milioni di dipendenti?

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