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L’insondabile impero dei Tredicine in auge da quasi quarant’anni

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IL CASO

L’insondabile impero dei Tredicine in auge da quasi quarant’anni

Gaetano, finito ieri ai domiciliari nell’indagine della Procura, è l’ultimo della famiglia Tredicine ad entrare nella recente storia della Capitale. La famiglia Tredicine, infatti, è tra quelle che a Roma, a partire dagli anni Sessanta, hanno creato una catena economica fondata sulle autorizzazioni al commercio ambulante e a rotazione. Una catena nella quale il primo anello è stato Donato, partito da Schiavi di Abruzzo (Chieti), dove è nato il 28 maggio 1924, per raggiungere la Capitale e qui soddisfare una delle più grandi passioni dei romani: le caldarroste, le castagne arrostite al fuoco.

Quell’anello è lontano nel tempo perché nel frattempo il capostipite, che è ancora titolare della licenza/autorizzazione n.1195 del 28 febbraio 1987 per 5 metri quadrati nei quali svolgere il commercio al dettaglio ambulante di prodotti alimentari e bevande, ha messo i cinque figli – Mario, Alfiero, Elio, Dino ed Emilia – sulla stessa strada e ciascuno di loro, a sua volta, possiede autorizzazioni e licenze per operare a Roma. Senza contare i parenti.

Da almeno 40 anni si favoleggia nella Capitale della forza politica e dell’impero economico della famiglia scesa dall’Abruzzo per scaldare d’inverno le mani dei romani con le castagne ma nessuno è in grado di dire se esista davvero. Lo stesso Gaetano, figlio di Elio Tredicine – ragioniere e perito commerciale che per il 2014 ha dichiarato di possedere una Smart e un reddito di 16.406, 22 euro – ad esempio, con un’attestazione firmata il 29 luglio 2014, ha comunicato all’assemblea capitolina della quale è consigliere, che genitori, sorella e nonni negavano (è previsto per legge) il consenso alla pubblicazione della loro situazione patrimoniale, così come contempla l’articolo 14 del D.lgs 33/2013 riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni.

Alfiero Tredicine, zio di Gaetano, con due camion-bar è tra i 50 operatori che dissetano e rifocillano residenti e turisti tra Villa Borghese e San Giovanni. Alfiero, da 10 anni, è anche presidente di Apre Confesercenti, che raccoglie i commercianti mercatali, delle fiere, negli spazi a rotazione e gli ambulanti del centro storico romano. Ci tiene, con il Sole-24 Ore, a puntualizzare che nessuno può mischiare la politica con la loro «famiglia modesta che vive di lavoro» ma poi, sull’infortunio capitato al nipote, dice che «è sicurissimo che lo hanno tirato in mezzo solo per questioni politiche».

Niente commistioni dunque e, a quanto dice Alfiero Tredicine, nessun impero economico, soprattutto quando gli si ricorda che c’è chi si è spinto a calcolare in quasi 30 milioni il valore delle decine di posti ottenuti da licenze e autorizzazioni rilasciate a familiari e parenti, ormai da anni bloccate a Roma, per loro e per gli altri. «Sono balle dei giornalisti – afferma – diventate con il tempo leggende metropolitane. Siamo una delle tante famiglie, alcune più radicate della nostra, nel commercio itinerante e ambulante». Quando si chiedono i nomi, il rimando è agli atti del Comune di Roma, il che rende la ricerca un’impresa ma in compenso si ottengono i numeri complessivi dei suoi colleghi: circa 1.350 autorizzazioni per ruotare fuori dalle aree mercatali, tra i 3.500 e i 4mila operatori nei 120/130 mercati rionali della città, 2mila itineranti che si muovono nel perimetro capitolino con camion, bus e furgoncini e circa 200 operatori che si muovono tra mura aureliane e centro storico. «A chi infama e diffama – afferma – rispondo ricordando che da quando i commercianti regolari sono stati allontanati dal centro» con la delibera di Giunta n.233 del 30 luglio 2014, «la città è invasa dagli abusivi. Su questo sarà battaglia e consegneremo anche un dossier alla Procura».

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