Chiara Frassi è una professoressa di filosofia, insegna nel liceo classico Edmondo De Amicis di Imperia, e mi scrive una lettera che inizia così:«Vorrei raccontarle come può morire una scuola». Mi spiega che per un mese le ragazze e i ragazzi del liceo intestato all’autore del libro Cuore, concittadino illustre, si muovono tra calcinacci, polvere e rumore di martelli «eppure studiano, ascoltano, si appassionano e contestano come sempre». Si avverte un grande trasporto e mi piace constatare che il «senso della missione» viene prima di tutto, questo scritto mi fa rivedere davanti agli occhi la mitica «Senna Maria Dolores», mia insegnante di lettere in una scuola media a Spezia, che mi ha trasmesso con la forza espressiva dei suoi occhi e la severità dei suoi comportamenti un amore per il libro e la lettura che mi è rimasto per sempre.
Seguiamo il racconto della professoressa: «Il liceo classico di Imperia, Istituto storico di valore, dedicato al concittadino Edmondo De Amicis, sede di una preziosa biblioteca e scuola del premio Nobel Renato Dulbecco, da diversi giorni sta subendo lavori edilizi voluti “con urgenza” dalla Provincia d’Imperia. Tali lavori sono iniziati a poche settimane dalla fine dell’anno scolastico, senza tenere in alcun conto il disagio che avrebbero causato a tutti gli utenti, alunni e personale docente e non docente. Con pazienza i ragazzi che studiano nel liceo ed i loro insegnanti hanno continuato a svolgere le lezioni come se nulla fosse. Alcuni ragazzi sono stati assiepati in una aula computer, altri sono stati confinati nell’aula di scienza appollaiati per sei ore su sgabelli appoggiati ad un unico bancone». Ancora: «Il tutto a dimostrazione del profondo senso di appartenenza dei ragazzi e dei docenti alla loro scuola, a dimostrazione del senso del dovere che li permea e dell’ampia disponibilità delle famiglie che, pur avendo coscienza di tale estremo disagio, limitano il loro dissenso in una sfera di privata indignazione».
Ma allora perché professoressa teme che vogliano chiudere la scuola, quella scuola, e non piuttosto rimetterla a posto? Ecco la risposta: «Si sono iniziati i lavori senza garantire che sarebbero terminati per l’inizio del prossimo anno scolastico e creando disagi enormi a tutti, poi si sono improvvisamente bloccati lasciando i ragazzi a convivere con un soffitto smantellato ricoperto con un tessuto di garza e lampade al neon provvisoriamente attaccate, dopo il disagio la beffa, con il risultato di creare le condizioni concrete perché la scuola dove hanno studiato Dulbecco e Natta chiuda definitivamente i suoi battenti. Forse, questo è il primo passo per generare la morte del liceo classico di Imperia e “spezzettare” i nostri 150 ragazzi un po’ qui un po’ là. Ci si domanda chi ambisca a tale logica, chi voglia passare alla storia di questa città per avere chiuso un liceo classico, anziché farlo fiorire, e offrire a questi splendidi giovani quelle condizioni di vivibilità che davvero meritano». Che dire, siamo senza parole, ma in questo Paese non avevano chiuso le Province? Pare proprio di no. Chi e perché permette alle stesse “redivive” di operare disinvoltamente in modo che, di fatto, si annulli l’attività didattica e si metta a rischio il destino stesso di una scuola? Negli anni del miracolo economico le scuole italiane si costruivano a tempo di record e le consegne avvenivano con la massima regolarità e puntualità. Oggi o se ne cadono a pezzi o, quando si vuole intervenire, si fanno pasticci ancora più gravi, si iniziano i lavori, poi si bloccano, si lasciano gli studenti in un’aula con “soffitto incerottato”, e si perdono quegli stessi fondi comunitari che pure ci sono, delitto doppio. Questa è una vergogna assoluta, da Paese del Terzo Mondo, che finisce con aprire scenari ancora più inquietanti di impoverimento culturale della nostra provincia e del suo serbatoio vitale di risorse giovanili. Una città senza il suo liceo classico è una città che ha perso un pezzo importante della sua anima e un pezzo ancora più importante del suo futuro. Quel liceo Edmondo De Amicis è per Imperia molto più di un liceo o di una scuola, è la luce della cultura che rischia di spegnersi ogni giorno di più. Dopo le librerie, ora i licei: no, non si aiuta un Paese a ripartire se si spengono le luci della cultura e si privano le città dei suoi “monumenti culturali” che mettono insieme passato e futuro, scuola e famiglie. Si facciano i lavori nei tempi giusti, si sfruttino le vacanze e si restituisca il liceo classico Edmondo De Amicis agli studenti e ai professori di Imperia con il nuovo anno scolastico, di là sventolando il suo libro Cuore il concittadino illustre fa cenni inequivoci e dice che non può essere tradito proprio a casa sua. Speriamo lo ascoltino.
roberto.napoletano@ilsole24ore.com
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